In un articolo pubblicato su “Aging Cell”, un gruppo di neuroscienziati della University of Pittsburgh Schools of the Health Sciences – legata all’Italia attraverso UPMC, gruppo sanitario affiliato all’ateneo statunitense – rivelano di avere individuato la proteina che determina la vulnerabilità del cervello alla perdita di neuroni legata all’invecchiamento, che risulta diversa tra uomo e donna.
I ricercatori hanno potuto osservare che la proteina, chiamata VGLUT, risulta più abbondante nei neuroni di dopamina di moscerini della frutta, roditori ed esseri umani di sesso femminile rispetto ai maschi, e hanno potuto collegare questa scoperta alla maggiore resilienza delle donne alla perdita di neuroni legati all’invecchiamento, e all’insorgere di problemi motori. Utilizzando una combinazione di tecniche biochimiche e genetiche, così come studi comportamentali in cui la locomozione delle mosche è stata monitorata per un periodo di 24 ore, gli scienziati hanno potuto dimostrare che riducendo geneticamente i livelli di VGLUT nelle mosche femmine, diminuisce anche la loro resistenza alla neuro-degenerazione associata all’invecchiamento.
“Dalle mosche ai roditori agli esseri umani, abbiamo scoperto che i livelli di VGLUT distinguono i maschi dalle femmine durante l’invecchiamento sano”, spiega Zachary Freyberg, professore assistente di psichiatria e biologia cellulare della University of Pittsburgh. “Il fatto che questo marcatore di sopravvivenza dei neuroni della dopamina è conservato in tutto il regno animale, ci suggerisce che siamo davanti a un fenomeno fondamentale della biologia. Capire come funziona questo meccanismo può aiutarci a prolungare la resilienza dei neuroni della dopamina, e a ritardare l’invecchiamento”.
I disturbi neurodegenerativi come il morbo di Parkinson hanno maggiori probabilità di svilupparsi con l’età. Il morbo di Parkinson è noto per colpire prevalentemente gli uomini. Ma mentre le differenze biologiche di genere, che derivano da una combinazione di influenze ormonali, genetiche e ambientali, sembrano spiegare perché le donne sono protette dalle prime fasi del Parkinson, il driver e regolatore di queste protezioni era, fino ad ora, sconosciuto.
“Abbiamo scoperto i livelli di VGLUT sono più alti negli organismi femminili che in quelli maschili, che aumentano con l’avanzare dell’età, e che è proprio questa proteina a “proteggere” dall’insorgere di disturbi neurodegenerativi”, aggiunge Silas Buck, candidato al dottorato al Pitt Center for Neuroscience. “Tutto questo, ci suggerisce che la proteina può avere un ruolo nel regolare le differenze di sesso nella vulnerabilità alla neuro-degenerazione nel Parkinson, e in altri disturbi neurologici per cui l’incidenza risulta minore nelle donne”.
Poiché i tassi del morbo di Parkinson sono in rapido aumento gli scienziati della University of Pittsburgh sperano di sondare ulteriormente il ruolo di VGLUT nella neuro protezione negli esseri umani.
“Il Parkinson sta assumendo volumi epidemici, dobbiamo capire come rendere i nostri neuroni più resistenti”, conclude Freyberg. “Questa proteina è la chiave non solo per capire la biologia fondamentale al centro della sopravvivenza dei neuroni della dopamina, ma anche per sviluppare nuove terapie”.