L’Istituto Oncologico della Svizzera Italiana è nuovamente sotto i riflettori internazionali per l’alta qualità della sua ricerca scientifica. Un gruppo di suoi ricercatori coordinati dal Dr. med. Davide Rossi è riuscito a definire le basi biologiche del linfoma di Hodgkin, in mancanza di tessuto tumorale, con un semplice prelievo di sangue, su cui sono state condotte analisi molecolari molto spinte. Si tratta di un approccio non invasivo che consente di monitorare con grande precisione e in tempo reale la risposta di questo linfoma molto aggressivo alla terapia e la comparsa di resistenza al trattamento. Di fronte alla rilevanza dei risultati, la rivista Blood, la più prestigiosa pubblicazione di ematologia a livello mondiale, ha pubblicato la ricerca come articolo principale del suo ultimo numero. Al tema sono pure stati dedicati l’editoriale e l’immagine di copertina. La ricerca è stata condotta con il sostegno dell’Associazione Svizzera per la Ricerca sul Cancro dal gruppo di ricerca in Ematologia presso l’Istituto Oncologico di Ricerca e dallo IOSI.
Il linfoma di Hodgkin, uno dei più frequenti linfomi aggressivi, è un tumore maligno che interessa inizialmente i linfonodi, dove avvengono importanti processi difensivi nei riguardi di agenti esterni patogeni, per poi espandersi ad altri organi. I meccanismi biologici che portano allo sviluppo del linfoma sono ancora oggi largamente sconosciuti a causa della difficoltà nell’ottenere campioni adeguati del tumore. Il team coordinato dal Dr. med. Davide Rossi ha scoperto che tramite la cosiddetta “biopsia liquida”, cioè un semplice prelievo di sangue venoso sul quale possono essere eseguite analisi molecolari molto raffinate, si possono definire le basi biologiche del linfoma di Hodgkin. Il gruppo di ricerca ha inoltre dimostrato che la “biopsia liquida” costituisce un approccio non invasivo più accurato delle tecniche strumentali radiologiche attualmente in uso.
In Svizzera, circa una persona su 300 è colpita dal linfoma di Hodgkin, malattia che interessa preferenzialmente i giovani adulti, con una età media in cui si contrae la malattia compresa tra i 20 e 40 anni. Fortunatamente, al giorno d’oggi il 90% dei pazienti possono essere guariti dalla malattia grazie alla chemioterapia e alla radioterapia, usate da sole o in contemporanea a seconda dei casi. Un problema del trattamento è però rappresentato dalle cosiddette complicanze a lungo termine che possono insorgere a distanza di molti anni dal trattamento. Un limite delle tecniche strumentali radiologiche utilizzate per monitorare la presenza di malattia residua è il tasso di esami falsamente positivi, che rivelano malattia quando in realtà il tumore è già stato eradicato, compreso tra 15 e 20%. Di qui l’importanza della scoperta sulle potenzialità offerte dalla biopsia liquida per una migliore accuratezza.