Dalla saliva sui rifiuti un innovativo approccio per la sorveglianza sanitaria della diffusione di SARS-CoV-2
Secondo uno studio recentemente pubblicato nella prestigiosa rivista «Science of the Total Environment», dal titolo “An innovative approach for the non-invasive surveillance of communities and early detection of SARS-CoV-2 via solid waste analysis”, condotto da ricercatori e tecnici delle Università di Perugia, Padova, Venezia e dell’Istituto Superiore di Sanità, è possibile eseguire la sorveglianza sanitaria mediante campionamento indiretto di saliva lasciata sui rifiuti. Tale approccio può rappresentare per piccole comunità una metodologia innovativa e non intrusiva, a complemento della sorveglianza clinica, basata invece sulle diagnosi dirette.
La ricerca ha indagato la potenziale presenza di RNA di SARS-COV-2 in 20 diversi siti in un’area del Nord Italia caratterizzata da una superficie di 570 kmq ed una popolazione di 650.000 abitanti durante il secondo picco di COVID-19. In ciascun sito è stato campionato un numero da 50 a 100 unità di rifiuti che sono stati a contatto con la saliva umana e trasportati in un laboratorio dove sono stati opportunatamente trattati per essere sottoposti ad analisi tramite tampone. Infine, tutti e venti i tamponi sono stati analizzati presso i laboratori dell’Istituto Superiore di Sanità; in tre tamponi è stata rilevata la presenza di RNA di SARS-COV-2.
Con l’impatto che il SARS-CoV-2 ha avuto e che, purtroppo, sta ancora avendo nella società, si stanno sempre più affermando nell’epidemiologia nuovi approcci multidisciplinari per il monitoraggio e contenimento della diffusione del virus.
Fra questi risulta essere di particolare interesse la sorveglianza ambientale di matrici rappresentati dagli scarti urbani e definiti dal gruppo di ricerca “urban waste products”, quali i reflui urbani, i rifiuti solidi, gli aerosol, il particolato atmosferico Essa è caratterizzata da analisi e monitoraggi di tipo non intrusivo, a complemento della sorveglianza clinica, basata invece sulle diagnosi dirette.
«I risultati della nostra ricerca – spiega il prof. Alberto Pivato del Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’Università di Padova, uno degli autori dello studio – aprono nuovi orizzonti per l’applicazione di un approccio per la sorveglianza sanitaria-ambientale basato sul rilevamento di RNA di SARS-COV-2 su rifiuti che sono
stati a contatto con la saliva umana e denominato “solid waste-based surveillance”. Il vantaggio principale è quello di poter potenzialmente restituire in tempi rapidi informazioni utili a determinare la presenza del SARS-CoV-2 e/o di altri virus simili non nel singolo soggetto, ma in piccole comunità senza l’ausilio di personale medico specializzato. Tale
approccio consentirebbe di rilevare con continuità ed in maniera economica e tempestiva la presenza di virus, consentendo interventi di contenimento più rapidi ed efficaci”.