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Cresce la povertà sanitaria in Italia

Oltre 1,6 milioni di famiglie hanno rinunciato a curarsi per motivi economici. Sono stati ben 314mila, in un solo anno, i “viaggi della speranza” del Sud che hanno generato bilanci in rosso per oltre 1,2 miliardi di euro. Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige sono i sistemi sanitari più in salute del paese. Il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio: «Regioni e Governo approfittino delle ingenti risorse finanziarie del dispositivo Next Generation EU della maggiore flessibilità della programmazione 2021-2027 per ridurre il disequilibrio dell’offerta sanitaria italiana».

Sei realtà regionali “sane”, nove “influenzate” e cinque “malate”. È l’Emilia-Romagna, la regione in testa per efficienza del sistema sanitario italiano, strappando la prima posizione al Trentino-Alto Adige, mentre Campania, Calabria e Sicilia si collocano in coda tra le realtà “più malate” del paese. Rispetto allo scorso anno, si riduce l’area delle regioni “sane”, e aumenta il raggruppamento dei sistemi sanitari “influenzati” mentre resta stabile il cluster delle regioni cosiddette “malate”.

Nel 2019 oltre 1,6 milioni di famiglie italiane hanno dichiarato di non avere i soldi, in alcuni periodi dell’anno, per poter affrontare le spese sanitarie necessarie per curarsi, con un incremento dell’area del disagio pari al 2,3% rispetto all’anno precedente. Ben 36mila nuclei familiari in più.

Gli ultimi dati disponibili confermano la diffidenza dei meridionali a curarsi nei loro sistemi sanitari locali. Nei 12 mesi del 2018, la migrazione sanitaria dalle realtà regionali del Mezzogiorno può essere quantificabile in ben 314mila ricoveri generando crediti rilevanti principalmente per alcune realtà sanitarie quali Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Veneto pari complessivamente a oltre 1,3 miliardi di euro.

É quanto emerge dall’IPS 2020, l’Indice di Performance Sanitaria realizzato, per il quarto anno consecutivo, dall’Istituto Demoskopika sulla base di otto indicatori: soddisfazione sui servizi sanitari, mobilità attiva, mobilità passiva, risultato d’esercizio, disagio economico delle famiglie, spese legali per liti da contenzioso e da sentenze sfavorevoli, democrazia sanitaria e speranza di vita.

«È del tutto evidente – dichiara il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – la conferma di una persistente disparità tra l’offerta sanitaria presente al Nord rispetto a quella erogata nel Mezzogiorno. Un divario che va colmato consapevolmente per non compromettere irrimediabilmente il diritto alla libertà di scelta del luogo in cui curarsi. In questa direzione, – continua Raffaele Rio – è bene che Regioni e Governo sappiano sfruttare al meglio i quasi 20 miliardi di euro presenti nel dispositivo Next Generation EU, resi disponibili anche a seguito del processo di riprogrammazione dei fondi europei della politica di coesione concessa dalla Commissione europea per finanziare misure di contrasto all’emergenza sanitaria. Inoltre, non va trascurato, che le istituzioni comunitarie hanno previsto ampi margini di flessibilità permettendo di riorientare le risorse programmate per il settennato 2021-2027 verso nuovi interventi ritenuti necessari, tra cui, per l’appunto, la sanità. Insomma, – conclude Raffaele Rio – si tratta di rilevanti risorse finanziarie, di un’occasione da non perdere e da impiegare, al meglio, per riorganizzare i sistemi sanitari regionali in modo più efficiente e per ridurre gli attuali squilibri nell’erogazione dei servizi erogati ai cittadini».

Anche per questa quarta edizione dell’indice, la contesa sulle posizioni migliori quali sistemi sanitari più “sani” d’Italia si gioca interamente nell’area del centro-nord: quattro appannaggio delle realtà regionali del Nord e le rimanenti due al Centro. 

A guidare la classifica dell’Indice di performance sanitaria dell’Istituto Demoskopika per il 2020, in particolare, l’Emilia-Romagna che, con un punteggio pari a 107,7 conquista la vetta di un soffio, spodestando il Trentino-Alto Adige immediatamente seguita dal Veneto che mantiene la stessa posizione del 2019 nel medagliere dei sistemi più performanti del paese. Seguono, tra i migliori sistemi sanitari locali, Umbria, Lombardia e Marche.

Si infittisce, rispetto all’edizione scorsa dell’indice, il cluster delle regioni sanitarie cosiddette “influenzate”, inoltre, caratterizzato dalla presenza di ben altre nove realtà sanitarie: Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Sardegna, Abruzzo e, infine, Basilicata. Sono tutte del Sud, infine, le rimanenti regioni che contraddistinguono l’area dell’inefficienza sanitaria, dei sistemi etichettati come “malati” nella classifica di Demoskopika: Puglia, Molise, Sicilia, Calabria e, in coda, il sistema sanitario della Campania con 88,6 punti.

Migliora, seppur non in modo rilevante, il livello di soddisfazione degli italiani in relazione all’erogazione dell’offerta sanitaria ospedaliera. Poco più di un terzo degli italiani, infatti, dichiara di essere soddisfatto dei servizi sanitari legati ai vari aspetti del ricovero: assistenza medica, assistenza infermieristica, vitto e servizi igienici. Un andamento in aumento del 2,2% rispetto all’anno precedente. L’indicatore, rilevato dall’Istat nel 2019, conferma un divario più che significativo tra le diverse realtà regionali. Si va, infatti, dal 55,5% della soddisfazione media rilevata per il Trentino-Alto Adige al 12,8% di quella espressa per la Sicilia. In particolare, i più “appagati” vivono in Trentino-Alto Adige, con i cittadini che hanno dichiarato almeno un ricovero, nei tre mesi precedenti l’intervista, di avere un livello medio di soddisfazione per vari aspetti dell’offerta ospedaliera pari al 55,5%. A seguire Veneto, Umbria, Emilia-Romagna, Marche, Valle d’Aosta e Piemonte. Livelli minori di soddisfazione sui servizi sanitari, ma comunque significativi rispetto all’andamento medio italiano, sono stati espressi, inoltre, per Toscana, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Abruzzo e Liguria.

Al di sotto della media nazionale della soddisfazione espressa dai cittadini sull’erogazione dell’offerta sanitaria, legata ai differenti aspetti del ricovero osservati, si posizionano i rimanti sistemi regionali: Lazio, Basilicata, Puglia, Molise, Calabria, Campania e, infine, Sicilia.

Anche per l’edizione 2020 dell’Indice di Demoskopika, Molise e Sardegna confermano i primati positivo e negativo relativi alla mobilità sanitaria attiva in Italia rispetto allo scorso anno. In particolare, analizzando gli ultimi dati disponibili, è il Molise, con 132,1 punti, a mantenere la prima posizione della graduatoria parziale relativa alla mobilità attiva, l’indice di “attrazione” che indica la percentuale, in una determinata regione, dei ricoveri di pazienti residenti in altre regioni sul totale dei ricoveri registrati nella regione stessa, e che in Molise, per l’appunto, è pari al 30,8%. A seguire, il sistema sanitario della Basilicata, dell’Emilia-Romagna e dell’Umbria.

Sul versante opposto, si colloca la Sardegna con un rapporto tra i ricoveri in regione dei non residenti sul totale dei ricoveri erogati pari all’1,5%. In valori assoluti, sono principalmente cinque le regioni che attraggono il maggior numero di pazienti non residenti: Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Toscana e Veneto.

I meridionali confermano la loro diffidenza a curarsi nelle loro realtà regionali. In particolare, con un indice medio di “fuga”, pari al 10,9%, lievemente in aumento rispetto all’anno precedente, che misura, in una determinata regione, la percentuale dei residenti ricoverati presso strutture sanitarie di altre regioni sul totale dei ricoveri sia intra che extra regionali, il Sud si colloca in fondo per attrattività sanitaria dopo le realtà regionali del Centro con un indice di fuga pari all’8,8% e del Nord. Ciò significa che, nei 12 mesi del 2018, la migrazione sanitaria dalle realtà regionali del meridione può essere quantificabile in ben 314mila ricoveri.  Come per la mobilità attiva, anche per la mobilità passiva, lo studio di Demoskopika ha generato una classifica parziale che vede collocate, nelle “posizioni estreme”, il Molise in cima per “diffidenza” con un indice di mobilità passiva pari al 28,4%; sul versante opposto, i più “fedeli” al loro sistema sanitario si confermano i lombardi.

La Lombardia, infatti, con appena il 4,8%, registra il rapporto minore di ricoveri fuori regione dei residenti sul totale dei ricoveri totalizzando il massimo del punteggio.

Un quadro del “turismo sanitario” che alimenta crediti per alcuni sistemi sanitari penalizzando, in termini di debiti maturati, tutto il meridione ad eccezione del Molise. E, analizzando la situazione nel dettaglio, si parte dalla Lombardia, quale sistema più virtuoso che ha attratto, secondo gli ultimi dati disponibili, circa 165mila ricoveri generando un credito al netto dei debiti, stando al dato relativo all’acconto di riparto per il 2020, pari a 698 milioni di euro per finire alla Campania, quale sistema più penalizzato, che a fronte di oltre 78mila ricoveri fuori regione, ha maturato un debito pari a quasi 320 milioni di euro.

Nel solo 2019, le spese legali per liti, da contenzioso e da sentenze sfavorevoli, sostenute dal comparto sanitario italiano ammontano a ben 203,5 milioni di euro, circa 560mila euro al giorno, con un incremento del 6,9% rispetto all’anno precedente. Sono le strutture sanitarie meridionali ad essere più litigiose concentrando ben il 62,9% delle spese legali complessive, pari a 128,1 milioni di euro, seguite da quelle del Centro con 45,7 milioni di euro e del Nord con una spesa generata per 29,7 milioni di euro. È la Sardegna a guidare la graduatoria dei sistemi sanitari pubblici più “avvezzi” a contenziosi e sentenze sfavorevoli con una spesa pro-capite di 7,90 euro determinando un esborso, in valore assoluto, pari a 12,9 milioni di euro. Un dato ancora più rilevante se si considera che la spesa pro-capite lombarda, realtà con una popolazione oltre sei volte superiore a quella sarda, è inferiore a 1 euro. Nella parte più bassa della classifica dei sistemi sanitari più “litigiosi”, inoltre, si posizionano Toscana con 7,66 euro di spesa pro-capite e Calabria con 7,61 euro di spesa pro-capite, con una spesa, in valore assoluto, rispettivamente pari a 28,5 milioni di euro e a 14,7 milioni di euro. A seguire il Molise con 7,33 euro pro-capite, Campania con 7,30 euro pro-capite, Sicilia con 5,86 euro pro-capite e Abruzzo con 5,84 euro pro-capite. Sul versante opposto, i meno litigiosi si sono rilevati i sistemi sanitari di Piemonte, Emilia-Romagna e Lombardia rispettivamente con 2,3 milioni di euro, 3,6 milioni di euro e 9,9 milioni di euro di spese legali.

Sono 12 su 20, i sistemi sanitari regionali capaci di ottimizzare le risorse finanziarie disponibili per garantire l’efficienza del comparto. In particolare, accanto ad un risultato d’esercizio in rosso complessivamente per 401 milioni di euro nel 2019 per ben otto sistemi sanitari regionali, comunque, più performante rispetto all’anno precedente quando il disavanzo aveva superato la soglia dei 760 milioni di euro, le rimanenti realtà si sono contraddistinte, al contrario, per un attivo pari a poco meno di 149 milioni di euro.

Spostando l’analisi a livello territoriale, si palesa maggiormente lo squilibrio economico strutturale in alcuni contesti regionali, nonostante lo strumento del piano di rientro. E così, nel 2019 il risultato d’esercizio desumibile dal conto economico degli enti sanitari locali premia prioritariamente il Trentino- Alto Adige con un avanzo pari a 25,7 euro pro capite, il Lazio con un avanzo pari a 9,5 euro pro capite mentre relega nelle posizioni “meno virtuose” il Molise con un disavanzo del sistema sanitario pari a 273,7 euro pro capite e la Calabria con un disavanzo del sistema sanitario pari a 60,6 euro pro capite.

Lo studio di Demoskopika utilizza la speranza di vita, data dal numero medio di anni che una persona può aspettarsi di vivere al momento della sua nascita, quale indicatore per misurare l’efficacia dei sistemi sanitari regionali: più alta è la speranza di vita in una regione, maggiore è il contributo al miglioramento delle condizioni di salute dei cittadini prodotto anche dall’erogazione dei servizi sanitari in quel determinato territorio. Nel dettaglio, a guadagnare il podio della classifica parziale della speranza di vita, quale dimensione della performance sanitaria individuata da Demoskopika, si piazzano ex aequo il Trentino-Alto Adige e l’Umbria che con una speranza di vita media più elevata rispetto al resto d’Italia pari a 84,1 anni ottengono il punteggio massimo. Seguono Marche, Veneto, Lombardia e Toscana, Emilia-Romagna e Friuli- Venezia Giulia. Quattro le realtà regionali, infine, ad essere caratterizzate da una vita media più bassa: Campania che con una speranza di vita pari a 81,7 anni produce la performance peggiore. Seguono Sicilia, Calabria e Basilicata.

Mantenere il management delle aziende ospedaliere, delle aziende sanitarie e delle strutture sanitarie, più in generale, è costato oltre 352 milioni di euro nel 2019 con una contrazione pari allo 1%, rispetto all’anno precedente. A livello locale, a emettere più mandati di pagamento, in termini pro-capite, per indennità, rimborsi, ritenute erariali e contributi previdenziali per gli organi istituzionali sono state le strutture sanitarie della Campania con 18 euro di spesa pro-capite pari a complessivi 103,9 milioni di euro. Seguono le “democrazie sanitarie” della Valle d’Aosta con 9,2 euro di spesa pro-capite e della Basilicata con 7,5 euro di spesa pro-capite.   

Sul versante opposto, a spiccare per maggiore “parsimonia” nell’impiego di risorse finanziarie per la gestione del management sanitario, si posizionano quattro sistemi regionali: Toscana con 1,4 euro di spesa pro-capite, Marche con 1,6 euro di spesa pro-capite, Calabria con 1,7 euro di spesa pro-capite e, infine, Molise con 1,8 euro di spesa pro-capite.   

Nel 2019 oltre 1,6 milioni di famiglie italiane hanno dichiarato di non avere i soldi, in alcuni periodi dell’anno, per poter affrontare le spese necessarie per curarsi con un incremento dell’area del disagio pari al 2,3% rispetto all’anno precedente. Oltre 36 mila nuclei familiari in più rispetto al 2018.

A consolidare le prime posizioni del ranking di Demoskopika tutte le realtà del Mezzogiorno con oltre 923 mila famiglie in condizioni di disagio a causa della mancata disponibilità economica per fronteggiare la cura di malattie, pari al 56,9% del valore complessivo italiano. Sono, infatti, soprattutto le famiglie in Sicilia con una quota del 13,5%, quantificabile in oltre 271mila nuclei familiari, a denunciare il fenomeno. Seguono la Calabria con una quota del 12,1% pari a 98 mila famiglie, la Puglia e la Campania coinvolgendo nel processo di impoverimento rispettivamente 182mila e 245mila nuclei familiari. Capovolgendo la classifica, sono Emilia-Romagna, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia a meritare il ranking migliore in questa graduatoria parziale dell’Indice di Performance Sanitaria di Demoskopika, con una quota media percentuale, per queste realtà, di poco più del 2% di nuclei familiari in condizioni di disagio economico che ha coinvolto complessivamente oltre 61 mila nuclei familiari.

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