Covid: primi due trapianti al mondo a Bologna e a Roma da donatori positivi Covid a pazienti negativi
Un uomo di 64 anni al Sant’Orsola di Bologna e un ragazzo di 15 anni al Bambino Gesù di Roma hanno ricevuto un nuovo cuore grazie a una deroga del Centro nazionale trapianti al protocollo sperimentale sul prelievo di organi da donatori positivi. Entrambi i pazienti erano in gravi condizioni e adesso stanno bene.
Sono stati realizzati in Italia i primi due trapianti al mondo da donatori deceduti positivi al Sars-Cov-2 su riceventi negativi e privi di anticorpi. In entrambi i casi i pazienti hanno ricevuto un nuovo cuore e nessuno dei due ha contratto il Covid-19 dopo il trapianto.
Il primo intervento è stato eseguito a fine aprile scorso al Policlinico Sant’Orsola di Bologna su un uomo di 64 anni, mentre il secondo è stato realizzato a metà maggio all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma su un ragazzo di 15 anni. I due riceventi, affetti da cardiopatie severe, erano in lista d’attesa urgente nazionale e hanno ottenuto l’organo grazie a una deroga concessa dal Centro nazionale trapianti ai due ospedali rispetto al programma sperimentale del Centro nazionale trapianti: il protocollo attualmente in vigore, infatti, consente di effettuare trapianti di organi salvavita provenienti da donatori risultati positivi al coronavirus e deceduti per altre cause, ma solo su riceventi positivi al momento del trapianto o già immunizzati per malattia pregressa o per vaccinazione.
Il ragazzo di 15 anni, che ha ricevuto un nuovo cuore, è stato trattato con anticorpi monoclonali per eliminare il rischio che potesse sviluppare il Covid-19. L’intervento ha richiesto autorizzazioni speciali sia da parte del Centro Nazionale Trapianti che dell’Agenzia Italiana del Farmaco. In 2 settimane, dal 4 al 19 maggio, i professionisti del Dipartimento di Cardiochirurgia, Cardiologia e Trapianto Cuore Polmone dell’Ospedale hanno effettuato in tutto 6 trapianti di cuore.
«In campo pediatrico – spiega il professor Antonio Amodeo, responsabile della struttura complessa di scompenso, trapianto e assistenza meccanica cardio-respiratoria dell’Ospedale – trovare un cuore compatibile per un trapianto è più difficile che negli adulti. Nell’ultimo anno poi, a causa della pandemia e delle restrizioni adottate per contrastarla, queste difficoltà sono ulteriormente aumentate. Individuare un cuore compatibile per un trapianto è spesso un’occasione più unica che rara. Per questo abbiamo fatto il possibile affinché il ragazzo in lista d’attesa potesse ottenere l’organo che stava aspettando. Una scelta che può fare la differenza tra la vita e la morte».
Il ragazzo di 15 anni sottoposto a trapianto di cuore da donatore positivo al SARS-CoV-2 era affetto da cardiomiopatia dilatativa, una patologia che compromette la capacità del cuore di pompare efficientemente il sangue all’organismo. La frequenza nella popolazione generale adulta è di circa 1 caso su 2.500, ma nei bambini è considerata una malattia rara e la sua frequenza annua in età pediatrica è di 0.57 casi ogni 100.000 persone.
L’adolescente era in lista di attesa per il trapianto da settembre dello scorso anno. A giugno del 2020 si è verificato un peggioramento del quadro clinico con arresto cardiaco che ha necessitato il supporto ECMO, una tecnica di circolazione extracorporea alla quale si ricorre temporaneamente quando si presenta un’insufficienza cardiaca o respiratoria grave. Poco dopo è stato sottoposto a un intervento per impiantare un cuore artificiale, una soluzione ponte salvavita in attesa di un cuore compatibile per il trapianto. Lo stesso paziente ha necessitato anche di una assistenza destra temporanea per 6 giorni.
Dopo circa un anno, a maggio 2021, è stato individuato un cuore compatibile. Ma si trattava di un donatore positivo al SARS-CoV-2 e la legge consente il trapianto solo su pazienti anch’essi positivi o guariti dal Covid-19. A questo punto i medici e i ricercatori delle strutture complesse di Microbiologia e Diagnostica di immunologia e quelli dell’Immunologia clinica e Vaccinologia del Bambino Gesù si sono messi al lavoro per calcolare l’effettivo rischio di contagio. I numerosi test effettuati hanno rilevato una carica virale estremamente ridotta e, di conseguenza, una possibilità di contagio del ricevente molto bassa. È stata così richiesta al Centro Nazionale Trapianti una deroga alla normativa vigente per poter effettuare il trapianto di cuore. Deroga concessa per la prima volta in ambito pediatrico dal CNT.
«Al fine di valutare il rischio di trasmissione del virus SARS CoV-2 sono state effettuate numerose ricerche nell’apparato respiratorio, sul sangue e sul cuore del donatore, attraverso tecniche alquanto sofisticate, che, nel loro insieme, hanno evidenziato un rischio di trasmissione virale molto basso. Questo ha permesso di dare il via libera al trapianto – racconta il professor Carlo Federico Perno, responsabile di Microbiologia e Diagnostica di immunologia del Bambino Gesù – Al fine di ridurre ulteriormente tale rischio, in collaborazione con i colleghi dell’immunologia clinica e vaccinologia, è stata valutata l’ipotesi di somministrare un farmaco a base di anticorpi monoclonali diretti contro il virus SARS CoV-2».
È stata quindi richiesta all’Agenzia Italiana del Farmaco una deroga al protocollo attuale per utilizzare gli anticorpi monoclonali sul ragazzo ricevente, in modo da ridurre ulteriormente il già basso rischio di infezione. Il protocollo ne consente infatti l’utilizzo solo su pazienti già malati di Covid-19 e a determinate condizioni.
«L’operazione è il frutto di un percorso multidisciplinare in cui l’aumentata esperienza nell’utilizzo delle strategie per il trattamento del SARS-SoV-2, come i vaccini, le terapie monoclonali e le terapie antivirali – spiega il professor Paolo Palma, responsabile di immunologia clinica e vaccinologia dell’Ospedale – ha portato all’ottimizzazione di una serie di strumenti, sia di ricerca che clinici, che hanno aperto prospettive fino a poco tempo fa impensabili».
Una volta ricevute entrambe le autorizzazioni, anestesisti, cardiochirurghi e cardiologi del Bambino Gesù hanno proceduto al trapianto di cuore, il primo di questo genere in ambito pediatrico al mondo. Dopo il trapianto sono stati somministrati gli anticorpi monoclonali. Dagli esami effettuati dopo l’infusione, il ragazzo è risultato protetto contro l’infezione da Sars-CoV-2 grazie alla presenza nel sangue di una quantità significativa di anticorpi specifici.
“Nei casi trattati al Sant’Orsola e al Bambino Gesù la gravità delle condizioni cliniche dei pazienti ha spinto le équipes mediche dei due centri a chiederci l’autorizzazione al trapianto anche se i riceventi erano privi di anticorpi”, spiega il direttore del Cnt Massimo Cardillo. “Abbiamo attivato immediatamente le procedure di sorveglianza infettivologica e abbiamo valutato per entrambi i pazienti che il rischio di morte o di evoluzione di gravi patologie connesse al mantenimento in lista di attesa fosse superiore all’eventuale trasmissione di patologia dal donatore. Il decorso post-trapianto ci ha dato ragione e i riceventi ora stanno bene e sono tornati a casa”.
Dall’attivazione, nel dicembre scorso, del protocollo sperimentale, il primo a livello internazionale di questo tipo, sono stati realizzati diciannove trapianti da donatori con SARS-Cov-2. A parte i due trapianti di cuore del Sant’Orsola e del Bambino Gesù, gli altri diciassette interventi hanno riguardato il fegato e sono stati effettuati esclusivamente su pazienti che avevano già avuto il Covid-19, nessuno dei quali ha subito una reinfezione dopo aver ricevuto il nuovo organo.
Sono otto gli ospedali che hanno partecipato finora al programma sperimentale: la maggior parte degli interventi è stata realizzata dal Centro trapianti di fegato dell’Ospedale Molinette di Torino, mentre gli altri sono stati eseguiti all’Ismett di Palermo, al Sant’Orsola di Bologna, all’Ospedale Niguarda di Milano, al Policlinico di Bari e a Roma presso il San Camillo, il Policlinico Tor Vergata e il Bambino Gesù. Sono sedici, invece, gli ospedali dove sono state effettuate le donazioni di organi, con il supporto di otto coordinamenti regionali della rete nazionale trapianti: cinque in Piemonte, tre in Toscana, due in Lombardia, due in Puglia e uno per regione in Abruzzo, Lazio, Liguria e Sicilia.