I pazienti trattati con immunoterapia per melanoma avanzato si ammalano meno di Covid -19 rispetto alla popolazione italiana e agli altri malati di cancro: questi i risultati, pubblicati su “Seminars in Oncology“, di uno studio osservazionale retrospettivo su pazienti curati all’Istituto Europeo di Oncologia e alla Città della Salute e della Scienza di Torino, coordinato da Paola Queirolo, Direttore della Struttura Complessa di Oncologia Medica dei Melanomi, Sarcomi e Tumori Rari dell’Istituto Europeo di Oncologia e curato con i medici del suo staff: Fabio Conforti, Laura Pala e Maristella Saponara.
“Su 169 pazienti con melanoma in stadio III e IV, trattati prevalentemente con Nivolumab, Pembrolizumab e Ipilimumab nel periodo gennaio-aprile 2020, solo uno è risultato positivo al virus Sars-CoV-2, peraltro senza avere alcun sintomo – spiega Queirolo –. E’un risultato importantissimo perché dimostra che questi malati non devono rinunciare alla speranza dell’immunoterapia a causa del virus. Non c’è ragione di sospendere né di rimandare questa cura salvavita, tanto più ora che i centri oncologici specializzati, come IEO, si sono riorganizzati in modalità Covid-safe”.
Sin dall’esordio della pandemia, l’oncologia mondiale si è attivata per proteggere i malati di cancro. In quanto persone fragili, si presume infatti che abbiano un rischio maggiore di contrarre il virus e avere un decorso di malattia più grave rispetto alla media della popolazione, per una serie di concause, fra cui lo stato immunosoppressivo causato dal tumore stesso e da trattamenti come chemioterapia e radioterapia.
“Fino a ieri c’era incertezza circa gli effetti dell’immunoterapia nel contesto COVID 19 – continua Queirolo – Da un lato era ipotizzabile che aumentasse la fase di iperattività immunitaria indotta dal virus, dall’altro, invece, che stimolasse il controllo immunologico delle infezioni virali. Noi abbiamo dimostrato questa seconda ipotesi, oltre che nei pazienti con melanoma metastatico anche in quelli con carcinoma squamocellulare cutaneo, un tumore molto più raro nella sua forma localmente avanzata e metastatica e di conseguenza meno studiato”. Un tumore tipico dell’anziano e del grande anziano (l’età mediana della popolazione di studio era di 80 anni), quindi di pazienti particolarmente fragili, con multiple patologie concomitanti e nella maggior parte dei casi pesantemente pretrattati.
Lo studio, anch’esso coordinato da IEO e pubblicato su “Therapeutic Advances in Medical Oncology“, ha analizzato retrospettivamente i dati di 54 pazienti di 5 centri di riferimento nazionali che non hanno interrotto l’immunoterapia rappresentata nella maggior parte dei casi da Cemiplimab, se non incasi particolari. Dell’intero gruppo sono risultati positivi al COVID 19 solo due pazienti, entrambi con gravi malattie concomitanti.
“E ’fondamentale che il messaggio di non sospendere le cure, se non in accordo con il proprio oncologo, arrivi al maggior numero possibile di pazienti – conclude Queirolo- Stiamo iniziando a vedere i temuti effetti della sospensione dei trattamenti oncologici durante la pandemia e non mi riferisco solo agli interventi o ai cicli di chemioterapia, ma anche alle visite di follow-up e ai programmi di screening. Per il melanoma, il tumore attualmente con l’incidenza in maggiore crescita insieme a quella del pancreas, nella prima metà dello scorso anno le diagnosi sono diminuite del 30%. Significa un aumento del 30% di casi che arriveranno in fase metastatica. Stiamo tornando indietro nel tempo, agli anni ’80. Non dobbiamo permetterlo, e siamo ancora in tempo. Basta che gli italiani riprendano a frequentare ospedali e ambulatori con fiducia e serenità”.