Il gruppo di ricercatori delle Università di Padova, Ca’Foscari Venezia, Politecnico di Milano ed Ecole Polytechnique Fédérale Lausanne ha modellato il decorso della pandemia di coronavirus in Italia tenendo in conto della progressione e il successivo rilassamento delle misure restrittive disposte per contenere la trasmissione delle infezioni. Il modello consente, in particolare, di calcolare il numero di infetti e calcolare lo sforzo di isolamento quotidiano necessario per mantenere la curva epidemica su una traiettoria decrescente.
Ad aprile 2020 con una pubblicazione dal titolo “Spread and dynamics of the COVID-19 epidemic in Italy: Effects of emergency containment measures” su «PNAS», il gruppo di ricerca di Andrea Rina ldo, Ordinario di Costruzioni idrauliche nell’Ateneo e Direttore del Laboratorio di Ecohydrologie all’EPFL, aveva sviluppato nel dettaglio un modello matematico sullo sviluppo della pandemia COVID-19 in Italia. Basato sul numero di decessi attribuiti al coronaviruse la loro distribuzione geografica tra le 107 province italiane oltre che su dati relativi alla mobilità, ricavati dalla geolocalizzazione di telefoni cellulari, il modello di aprile fotografava con fedeltà l’evoluzione della pandemia.
Nella pubblicazione su «Nature Communications» dal titolo “The geography of COVID-19 spread in Italy and implications for the relaxation of confinement measures”, variando i parametri di base è stato possibile prevedere diversi scenari di propagazione futuri, specie prima e dopo le misure restrittive.
«Dalla creazione del primo modello abbiamo continuamente aggiornato le calibrazioni, ad esempio tenendo conto degli effetti del rilasciodel contenime nto dopo il 4 maggio – afferma Andrea Rinaldo docente dell’Università di Padova -. Ci siamo anche assicurati che i valori precedentemente stimati dell’andamento della pandemia fossero verificati con estrema fedeltà. Abbiamo poi calcolato dati impossibili da ottenere sul campo. La nostra conoscenza diretta del numero totale di persone infettate dal coronavirus è basata sul numero di test eseguiti, ma ciò non corrisponde alla realtà: esiste infatti un gran numero di asintomatici non confinati in isolamento e oggettiva fonte di contagio. Grazie al nostro modello – spiega Rinaldo – è oggi possibile stimare affidabilmente i fattori chiave nella trasmissione delle infezioni da COVID-19. Se la stima del numero totale di persone infette è aggiornata ed affidabile, il modello può, a cascata, determinare quotidianamente lo sforzo di isolamento necessario per tenere sotto controllo la pandemia».
Nell’articolo i ricercatori del team guidato da Andrea Rinaldo avevano già previsto che con l’eliminazione del confinamento la velocità di trasmissione sarebbe aumentata. Ed è proprio quel che si osserva oggi. Il gruppo di ricerca ha quindi valutato diversi scenari possibili a seconda dell’entità dell’aumento che si osserva. Se l’aumento del tasso di trasmissione fosse del 40%, una ripresa dei contagi si osserverebbe in gran parte d’Italia. I ricercatori affermano che dai dati sviluppati dal modello emerge come sia necessario un isolamento quotidiano del 5,5% degli individui infetti per rimanere al di sotto della soglia del 40% per mantenere l’indice di riproduzione al di sotto dell’unità. Mantenere la curva epidemica su una traiettoria decrescente è un obiettivo importante nellepolitic he di contenimento perché evita un nuovo confinamento e i suoi deleteri effetti sull’economia del Paese.
In Italia, i casi di COVID-19 sono attualmente in aumento. Lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 15 ottobre e l’uso della maschera è obbligatorio in tutti i luoghi chiusi come mezzi pubblici e negozi. «L’aumento del numero di infezioni confermate e l’età media molto più bassa delle stesse sono per noi motivo di grande preoccupazione – conclude Andre a Rinaldo -. Con l’avvicinarsi della stagione fredda, le attività al chiuso renderanno le infezioni trasmesse dall’aria molto più aggressive, a meno che non sia in atto una forte disciplina nella protezione personale. A mio parere, la maschera dovrebbe rimanere obbligatoria fino a quando un vaccino non sarà ampiamente disponibile».