Mentre la ricerca sui nuovi antibiotici procede a rilento e i batteri sviluppano nuovi meccanismi di resistenza, rendendo sempre più difficile il trattamento delle infezioni ospedaliere secondarie che insorgono in seguito a

ospedalizzazioni prolungate in organismi già debilitati da trattamenti chirurgici e pluripatologie, da Pisa arriva una nuova speranza di cura per le infezioni da batteri Gram-negativi multi-resistenti che colpiscono anche i malati di Covid-19 assistiti in terapia intensiva. Uno studio, che riporta l’esperienza condotta nell’Unità operativa di Malattie infettive dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana diretta dal professore Francesco Menichetti, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Clinical Infectious Diseases, organo ufficiale della Infectious Diseases Society of America, dimostra infatti l’efficacia dell’antibiotico Cefiderocol su 10 pazienti critici di età media di 75 anni: 5 ospedalizzati per polmonite SARS-CoV-2, 4 ustionati ed un malato chirurgico (perforazione del colon). Tutti erano in ventilazione meccanica invasiva in terapia intensiva e due in terapia sostitutiva renale continua. A seguito del fallimento delle terapie antibiotiche iniziali e dello sviluppo anche di tossicità correlata, è stato somministrato cefiderocol, in monoterapia in 9/10 pazienti. La durata del trattamento è stata di 14 giorni e il successo clinico a 30 giorni è stato del 70%, mentre la sopravvivenza a 30 giorni del 90%.

“La resistenza agli antibiotici è un fenomeno in continua crescita ed è un pericolo globale, tanto che l’OMS lo ha inserito tra le dieci minacce alla salute mondiale per il quinquennio 2019-2023” – commenta Marco Falcone, professore associato di Malattie infettive del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università di Pisa e primo autore della pubblicazione – Purtroppo l’Italia  è ai primi posti in Europa per numero di decessi per infezioni causate da microrganismi antibiotico-resistenti ed è quindi fondamentale trovare nuove ed efficaci terapie in tempi rapidi. Lo studio messo a punto all’ospedale di Cisanello rappresenta oggi la più ampia esperienza mondiale con questo antibiotico, che ha bypassato i meccanismi di resistenza e che noi abbiamo somministrato sui pazienti affetti da Covid-19 in quanto più suscettibili a infezioni batteriche secondarie, che ne hanno aggravato il quadro clinico. Ci auguriamo che questa nuova opzione terapeutica, fornitaci per un uso compassionevole, sia al più presto disponibile su larga scala”.  

Attualmente in fase di valutazione presso AIFA dopo l’approvazione di EMA, Cefiderocol si serve del sistema di assorbimento del ferro proprio dei batteri, per aprirsi un varco nella cellula, agendo quindi come un cavallo di Troia. Il farmaco, legato al ferro, è trasportato nelle cellule batteriche attraverso i canali del ferro presenti nella membrana cellulare esterna dei batteri.

“Negli ospedali è necessario impegnarsi al massimo per ridurre la pericolosità delle resistenze batteriche – aggiunge Francesco Menichetti, professore ordinario di Malattie infettive a Pisa e direttore dell’omonima Unità operativa dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana – sia attraverso l’applicazione delle procedure previste sia attraverso la sorveglianza microbiologica e delle infezioni ed il potenziamento dei servizi di infection control”.

In conclusione, nonostante i limiti dello studio esso suggerisce che la terapia di salvataggio con cefiderocol potrebbe essere un’efficace arma alternativa per il trattamento di pazienti in condizioni critiche affetti anche da Covid-19.