Si chiama “POST”, il protocollo che sintetizza quattro principi fondamentali per guidare in sicurezza la Fase 2: Prudenza, Organizzazione, Sorveglianza, Tempestività. 

A supportare questa definizione, c’è la preziosa esperienza clinica e le evidenze scientifiche raccolte dai medici e dai ricercatori dell’I.R.C.C.S. Ospedale San Raffaele  che, guidati da Alberto Zangrillo, primario di Terapia intensiva generale e cardiovascolare, e Fabio Ciceri, vice direttore scientifico per la Ricerca clinica, in questi tre mesi hanno ricoverato, osservato e curato più di 1.000 pazienti affetti da coronavirus.
Si tratta del contributo scientifico che l’Ospedale San Raffaele e tutto il Gruppo San Donato mettono a disposizione di Regione Lombardia, per supportare scelte di politica sanitaria che tengano conto del patrimonio di conoscenze scientifiche e cliniche maturate nella dura lotta all’epidemia.

La prudenza, che ormai abbiamo fatto nostra, andrà adottata con ancor maggiore consapevolezza specialmente nel ritorno alla socializzazione, sia per noi stessi sia per coloro che sono più fragili.  

Grazie all’esperienza e all’osservazione clinica, i medici e i ricercatori del San Raffaele hanno individuato le categorie maggiormente a rischio di sviluppare forme gravi di polmonite, che necessitano quindi il ricovero in terapia intensiva con possibili gravi complicanze, che si è capito essere causate da una potente risposta immunitaria.

Le categorie maggiormente a rischio sono per lo più uomini sopra i 65 anni, con patologia oncologica attiva, pazienti ipertesi o con malattia coronarica. 

Rispetto a tre mesi fa abbiamo acquisito informazioni e conoscenze che oggi ci consentono di organizzare più velocemente ed efficacemente la presa in carico dei pazienti più fragili, a tutti i livelli, sia sul territorio sia negli ospedali.

Aver identificato le persone più fragili, a rischio di sviluppare forme gravi di COVID-19, permette di monitorarle con maggiore attenzione. 

Questo grazie a una sorveglianza capillare gestita dalla medicina del territorio, che in questa fase ha un ruolo centrale: non solo nel rapporto con il paziente per l’attivazione di eventuali screening di prevenzione, ma anche per una rinnovata relazione con gli ospedali di riferimento.

E infine la tempestività, applicata nella cura a domicilio tanto quanto in ospedale. Non è accettabile che un paziente con le caratteristiche di fragilità descritte e con febbre in corso venga lasciato a casa in attesa di una risoluzione positiva dei sintomi. 

È fondamentale una presa in carico tempestiva da parte dell’ospedale. “Se un paziente viene curato precocemente, viene curato meglio” spiega Alberto Zangrillo, evidenziando che “la terapia intensiva è la soluzione estrema perché oggi con la conoscenza che abbiamo e l’uso di alcuni farmaci innovativi possiamo proteggere la popolazione di pazienti a maggior rischio di ricovero, complicanze e mortalità”.

Fondamentale è quindi costruire un’alleanza forte tra ospedali ad alta specializzazione e la medicina del territorio, per una ripartenza consapevole che non lasci indietro nessuno, anzi, che protegga i più deboli e che consenta alle altre fasce della popolazione un veloce ritorno alla normalità.