Le persone con il gruppo sanguigno “A” hanno maggiori probabilità di sviluppare sintomi più gravi di Covid-19. A confermarlo è una ricerca scientifica internazionale pubblicata sulla rivista scientifica “New England Journal of Medicine” che ha coinvolto centri di ricerca italiani, norvegesi, tedeschi e spagnoli. Tra questi vi è anche la Casa Sollievo della Sofferenza, grazie al contributo del Laboratorio di Ricerca dell’Unità di Gastroenterologia.

Gli scienziati – si legge nella nota diffusa dal Policlinico di Milano – hanno preso in esame 1.600 pazienti di Italia e Spagna, i due Paesi più colpiti dall’emergenza coronavirus, scoprendo tra le altre cose che il gruppo sanguigno “0” sarebbe associato a sintomi più lievi: informazioni preziose, che consentiranno ai medici di prevedere per tempo eventuali complicazioni e che potranno migliorare le possibilità di cura sui pazienti positivi al virus Sars-CoV-2.

«Con la nostra ricerca abbiamo stabilito che il gruppo sanguigno – spiega Luca Valenti, coordinatore italiano dello studio e medico del Centro Trasfusionale del Policlinico di Milano – è uno dei principali fattori ereditari che predispongono a sviluppare una malattia più grave per la Covid-19. In particolare, i risultati ci dicono che il gruppo sanguigno A ha un rischio aumentato di compromissione polmonare severa, mentre chi appartiene al gruppo “0” è più protetto. E dato che il gruppo sanguigno è ereditario, è possibile concludere che è ereditaria anche la predisposizione ai sintomi più gravi per questa malattia».

Il sospetto che i gruppi sanguigni influenzassero in qualche modo la gravità dei sintomi da Covid-19 era già emerso in un precedente studio cinese: «La novità della nostra ricerca – commenta Daniele Prati, direttore del Centro Trasfusionale del Policlinico di Milano – è che nei pazienti presi in esame abbiamo analizzato tutti i marcatori dell’intero genoma, confermando per la prima volta in maniera sistematica che il gruppo sanguigno è uno dei fattori principali che portano a predire la gravità dei sintomi».

«Abbiamo partecipato allo studio fornendo parte dei dati dei controlli sani della popolazione italiana su invito di Andre Franke, docente alla Christian-Albrecht-University di Kiel, in Germania, con cui collaboriamo da 20 anni all’interno dell’IBD Genetics Consortium, che si occupa dello studio della genetica delle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali» spiega Anna Latiano, ricercatrice del Laboratorio di Biologia Molecolare dell’Unità di Gastroenterologia. 

«Un altro elemento rilevante dello studio pubblicato sul New England Journal of Medicine – a cui hanno partecipato anche i biologi Orazio Palmieri, Francesca Tavano e il medico Fabrizio Bossa – è che dal confronto tra il DNA dei pazienti affetti da SARS-CoV-2 e dei soggetti sani italiani e spagnoli sono state identificate  per la prima volta alcune alterazioni genetiche favorenti la infezione, come il polimorfismo rs657152 al locus genico 9q34.2 che determina i gruppi sanguigni, e il polimorfismo rs11385942 al locus genico 3p21 che comprende geni con funzioni potenzialmente rilevanti».

La ricerca – conclude la nota del Policlinico – permetterà di prevedere su quali persone sono più probabili eventuali complicazioni e migliorerà le strategie per la prevenzione, per trattamenti mirati e vaccini più efficaci.