Sappiamo che chi soffre di diabete, o più in generale ha alti livelli di glicemia, è particolarmente arischio di sviluppare forme gravi di Covid-19. Una buona notizia, tuttavia, arriva da uno studio condotto dai ricercatori del Diabetes Research Institute dell’IRCCS Ospedale San Raffaele che esclude l’ipotesi di una ridotta risposta anticorpale per la prima volta: secondo i risultati ottenutiipazienti con diabete o con alta glicemia sono in grado di produrre anticorpi con la stessa efficacia della popolazione sana.
Lo studio, pubblicato sulla rivista “Diabetologia”, organo ufficiale della European Association for the Study of Diabetes, porta ulteriori buone notizie per chi è affetto dalla malattia: quando sarà disponibile un vaccino per il nuovo coronavirus, anche i pazienti diabetici potranno beneficiarne.
È ormai risaputo che nel soggetto adulto la presenza di diabete sia associata ad una più alta probabilità di sviluppare forme cliniche severe di COVID-19.
Lo studio condotto al San Raffaele e coordinato da Lorenzo Piemonti, direttore del DRI e professore associato all’Università Vita-Salute San Raffaele, ha confermato questa evidenza: dei pazienti ricoverati per COVID-19 presso l’ospedale circa 1 ogni 5 ha riportato una storia di diabete e circa 1 ogni 10 ha avuto una diagnosi di diabete concomitante all’infezione. La presenza di diabete è inoltre associata a un più alto livello di infiammazione e di attivazione della coagulazione, entrambi meccanismi importanti nel determinare la gravità della malattia.
Coerentemente, i dati raccolti indicano che i diabetici hanno un rischio di morte doppio rispetto a quelli senza diabete. Stessa cosa per quei pazienti che, pur in assenza di una diagnosi di diabete, mostrano livelli di glicemia superiori alla soglia.
Una delle ipotesi avanzate per spiegare la predisposizionedei pazienti diabetici è che la risposta anticorpale al virus possa essere contrastata dalla presenza della malattia o dagli elevati livelli di glucosio circolante. Per testarla, i ricercatori hanno studiato la risposta anticorpale di 582 pazienti ricoveratitra febbraio e aprile presso l’Ospedale San Raffaele per COVID-19.
“Per farlo abbiamo utilizzato una misurazione altamente specifica e sensibile, che è stata sviluppata nei laboratori del DRI sulla base dell’esperienza storica nel dosaggio degli anticorpi per la diagnosi di autoimmunità nel diabete – spiega Vito Lampasona, primo autore dello studio -. I dati che abbiamo ottenuto ci dicono che neipazienti con diabete la produzione di anticorpi contro SARS-CoV-2 è del tutto sovrapponibile a quella dei pazienti non diabetici, con differenze marginali, e non è risultata influenzata dai livelli di glucosio”.
Tra le risposte anticorpali misurate, la positività per un anticorpo che riconosce il dominio di legame che permette al virus l’ingresso nelle cellule è associata ad una diminuzione del 60% della mortalità, come nella popolazione sana.
“Questa ricerca ci porta buone notizie e cattive notizie. La cattiva è che i soggetti con diabete hanno rappresentato durante la fase critica dell’epidemia in Italia circa un paziente ogni 4 di quelli ricoverati e uno ogni 2 di quelli deceduti, confermando la pericolosità del binomio diabete e COVID-19, in particolare sopra i 65 anni di età – afferma Lorenzo Piemonti -. La buona notizia è che la risposta in termini di produzione di anticorpi in generale e in particolare di quelli maggiormente efficaci, non sembra essere ostacolata dai livelli elevati di glucosio o dalla patologia più in genere. Ciò significa che non avremo problemi particolari a prevenire la malattia anche nei pazienti con diabete in modo efficace,quando sarà disponibile un vaccino”.