COVID 19: il 65% degli italiani ha avuto disturbi psicologici
Secondo i dati di una ricerca realizzata dall’Istituto Elma Research in sei paesi europei, per conto di Angelini Pharma in occasione del 10 ottobre, la giornata mondiale della salute mentale, il 58% dei cittadini hanno avuto sintomi di disturbi psicologici con una durata maggiore di 15 giorni durante il lockdown. Con punte del 63% in Italia, del 63% in Gran Bretagna e del 69% in Spagna, paesi dove l’impatto del COVID 19 è stato più forte, mentre il dato risulta inferiore al 50% in Germania.
Diversi i sintomi citati: insonnia, difficoltà a dormire o risvegli notturni; mancanza di energia o debolezza; tristezza o voglia di piangere; paure e timori eccessivi, mancanza di interesse o piacere nel fare le cose; panico e attacchi di ansia.
La maggioranza dei cittadini europei riferisce di aver avuto almeno due di questi sintomi; in Italia il 67%; il 50% del campione italiano afferma di aver avuto questi sintomi per la prima volta, mentre il 33% asserisce di aver avuto un peggioramento di sintomi già preesistenti.
Come le persone hanno affrontato questa epidemia parallela di disturbi psicologici? Per la maggioranza condividendo le preoccupazioni con il partner, i familiari e gli amici più vicini, mentre solo una minoranza è ricorsa ad una figura professionale di aiuto: medico di medicina generale, psicologo, psichiatra. Il coinvolgimento limitato a figure professionali può anche dipendere dalle misure restrittive in vigore all’epoca del lockdown.
Un risultato inatteso della ricerca riguarda il comportamento delle persone rispetto all’informazione. Sebbene i disturbi psicologici fossero molto diffusi, tuttavia solo 1 persona su 4 ha cercato informazioni sul tema della salute mentale collegata al COVID 19 – con l’eccezione dell’Italia e della Spagna dove le percentuali sono più alte. Le persone hanno cercato informazioni soprattutto su internet seguita dalla televisione e dal medico di medicina generale. Vale sempre l’osservazione che questi numeri sono riferiti a una situazione di emergenza in cui l’accesso al medico di base e ad altri professionisti della cura era fortemente limitato.
“Questi dati confermano come il lockdown sia stata un’esperienza che ha inciso notevolmente sulla salute mentale delle persone. Soprattutto in alcuni paesi come l’Italia – ha commentato Agnese Cattaneo, Global Chief Medical Officer di Angelini Pharma. “Le persone non possono essere lasciate sole; vanno favorite le condizioni – ancora troppo limitate non solo nel lockdown – per il ricorso alle figure professionali, dal medico di medicina generale allo psicologo e allo psichiatra. La Giornata Mondiale della Salute Mentale è proprio l’occasione per fare informazione sull’argomento e per combattere l’alone di pregiudizi che ancora circonda questi disturbi”.
Infine, le percezioni delle persone riguardo ai disturbi mentali. Facendo un confronto con altre malattie, dalle interviste emerge come il cancro sia la patologia più temuta dalla maggioranza delle persone. Ma per quanto riguarda l’impatto, i tumori sono percepiti come poco più gravi dei disturbi psicologici. L’impatto più temuto è sulla qualità di vita. L’impatto più temuto dalla vasta maggioranza del campione è sulla qualità di vita e in modo particolare sulla vita di coppia.
Le persone hanno sviluppato un’alta consapevolezza del rischio dei disturbi mentali: il 76% ammette che tutti inclusi se stessi potrebbero avere questo tipo di malessere. Di conseguenza, emerge con forza la richiesta che lo Stato si impegni maggiormente per dare supporto ai cittadini. E più della metà del campione riconosce che i disturbi mentali sono fonte di discriminazione ed emarginazione. Più variegata in Europa il parere sull’affermazione che i disturbi mentali siano causa di vergogna e di imbarazzo: a livello europeo vi si riconosce ancora la maggioranza, mentre solo un terzo in Gran Bretagna e Poloni. Segno che negli altri paesi, compresa l’Italia, c’è ancora molto da fare per combattere lo stigma che contraddistingue i problemi mentali.
La ricerca è stata realizzata nel mese di settembre su un campione rappresentativo della popolazione di 6 Paesi, con interviste online con il metodo CAWI. Per ogni Paese è stato intervistato un campione di 1.000 soggetti. Il campione è rappresentativo dal punto di vista del genere, area geografica, ed età.