Sul “New England Journal of Medicine” sarà pubblicato lo studio dal titolo “Reduced Rate of Hospital Admissions for ACS during Covid-19 Outbreak in Northern Italy”. La ricerca, che ha coinvolto 15 ospedali del nord Italia e oltre 30 cardiologi, è stata coordinata dai dottori Ovidio De Filippo, Fabrizio D’Ascenzo e dal Prof. Gaetano M. De Ferrari del Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università di Torino e della Cardiologia della Citta della Salute – Molinette.

Dall’inizio della quarantena, estesa a livello nazionale dall’8 marzo 2020, i ricercatori hanno osservato una riduzione dei ricoveri per Sindrome Coronarica Acuta e in particolare per infarto. Lo studio dimostra una significativa diminuzione del tasso di ricoveri relativi alla SCA in molti centri cardiovascolari del nord Italia.

Per fronteggiare la pandemia da coronavirus, infatti, in tutto il mondo sono state adottate forti misure di contenimento e i sistemi sanitari nazionali sono stati riorganizzati per far fronte all’enorme crescita del numero di pazienti gravemente malati. Tuttavia, durante questo periodo, ci sono stati alcuni cambiamenti rispetto ai ricoveri ospedalieri per altre patologie. L’analisi dello studio si è focalizzata sul tasso di ricoveri ospedalieri causati da sindrome coronarica acuta durante i primi giorni dell’emergenza Covid-19.

È stata elaborata un’analisi retrospettiva delle caratteristiche cliniche e angiografiche dei pazienti ricoverati per SCA in 15 ospedali del nord Italia, tutte strutture attrezzate per eseguire operazioni come l’intervento coronarico percutaneo. Il periodo in cui si è svolto lo studio è compreso tra il primo caso accertato di Covid-19 in Italia (20 febbraio 2020) e il 31 marzo 2020. Sono stati paragonati i tassi di ricovero tra il periodo di studio appena citato e altri due periodi: quello corrispondente all’anno precedente e un periodo immediatamente precedente a quello oggetto della ricerca.

Il principale risultato ottenuto è relativo al tasso globale di ricoveri per SCA. Tale risultato è stato ottenuto dividendo il numero complessivo dei ricoveri con il numero di giorni di ogni periodo di tempo. I rapporti di incidenza sono stati calcolati usando la Regressione di Poisson. Dei 547 pazienti ricoverati per SCA durante il periodo di studio, 420 erano uomini, con un’età media tra i 56 e gli 80 anni. Di questi pazienti 248 presentavano un infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST. Il tasso di ricoveri per SCA durante il periodo di studio è stato di 13,1 ricoveri al giorno. Questo valore era notevolmente più basso, circa un terzo, sia rispetto al periodo precedente sia rispetto allo stesso periodo ma dell’anno precedente. La riduzione era ancora più marcata considerando il solo periodo del lock-down di marzo o considerando solo gli infarti e non l’angina instabile.

Poiché sappiamo che l’eccesso di decessi osservato in questo periodo di pandemia eccede molto il numero di morti attribuite ufficialmente al coronavirus, è possibile che una parte di queste morti in eccesso sia riferibile al “danno collaterale” di una cura meno efficace delle malattie gravi, come l’infarto, malattie che non scompaiono solo perché c’è una pandemia.

“Oltre al numero ridotto di infarti che vengono ricoverati – afferma De Ferrari – molti giungono in ritardo al ricovero e non possono perciò trarre il beneficio di un trattamento precoce che riduce molto l’entità del danno cardiaco”. “È essenziale dunque – aggiunge il Prof. De Ferrari – che i pazienti che hanno sintomi sospetti allertino immediatamente il sistema di soccorso pubblico e che si organizzi il loro trasferimento rapido in centri idonei. Gli Ospedali sono pronti a curare in sicurezza questi pazienti con percorsi separati tra pazienti Covid e non Covid. Alle Molinette sono state addirittura organizzate sale di angiografia coronarica situate in piani diversi per minimizzare ogni rischio di contagio”.