Chirurgia profilattica per non ammalarsi di tumore al seno e all’ovaio: i risultati di un’indagine condotta dall’ospedale Mauriziano di Torino
Quando alcuni anni fa Angelina Jolie si è sottoposta alla chirurgia profilattica per ridurre il rischio di ammalare di tumore della mammella e delle ovaie, che nel suo caso era altissimo in quanto portatrice di una mutazione genetica ereditata dalla famiglia, tutti si sono sentiti in dovere di esprimere il loro giudizio in merito alla scelta ed alle sue conseguenze.
Pochi giorni fa l’INPS ha sancito che le donne portatrici di mutazione BRCA che hanno scelto di sottoporsi a chirurgia preventiva possono ottenere il riconoscimento di una percentuale di invalidità civile sulla base delle conseguenze psicologiche, endocrine e riproduttive di questi interventi. Questo importante risultato è stato ottenuto grazie all’azione di aBRCAdaBRA, un’Associazione nazionale che riunisce centinaia di donne a rischio ereditario.
Ma che cosa ne pensano le donne che l’esperienza l’hanno vissuta in prima persona? I ricercatori del Centro per i tumori ereditari della donna dell’ospedale Mauriziano di Torino, in collaborazione con aBRCAdaBRA, hanno svolto un’indagine in tutta Italia su una popolazione di donne che si sono sottoposte ad un intervento “di riduzione del rischio” per conoscere il loro punto di vista e quello dei loro partner. I risultati di questa indagine sono in corso di pubblicazione su una importante rivista scientifica internazionale “Journal of Clinical Medicine”. Le donne con mutazioni dei geni BRCA1-BRCA2 a tutt’oggi identificate in regione Piemonte sono 1.170.
La frequenza attesa delle mutazioni nella popolazione è di circa 1 soggetto mutato su 800.
Gli interventi di cui parliamo consistono nella mastectomia bilaterale con ricostruzione protesica immediata per prevenire il tumore della mammella e nell’asportazione delle ovaie e delle tube appena completata la famiglia per prevenire il tumore ovarico.
In realtà queste non sono le sole possibilità di prevenzione: in alternativa, per il tumore della mammella si può aderire ad un programma di sorveglianza intensiva, che viene offerto nel Centro del Mauriziano alle donne ad alto rischio. Per il tumore dell’ovaio invece, purtroppo, non sono ancora disponibili metodi efficaci di diagnosi precoce e la chirurgia rimane l’unica strada praticabile per le donne ad alto rischio genetico.
Tutte le donne intervistate erano portatrici del gene alterato, di solito BRCA 1 e BRCA 2, alcune avevano già avuto il tumore, altre avevano eseguito l’accertamento genetico in quanto appartenenti a famiglie con mutazione ed erano sane, ma a conoscenza del loro stato di rischio. Molte avevano già subito l’intervento, alcune avevano deciso di sottoporvisi più avanti non appena completata la famiglia, altre invece hanno risposto all’invito pur avendo optato per un programma di sorveglianza intensiva invece dell’intervento. Scopo della ricerca era conoscere direttamente dalle protagoniste le motivazioni e l’impatto di questi interventi sulla loro qualità di vita personale, sociale e di coppia ed il supporto ricevuto dal partner nella decisione.
In sintesi sono emersi molti aspetti interessanti ed alcune criticità, riassume la professoressa Nicoletta Biglia, responsabile della Breast Unit dell’ospedale Mauriziano, che ha ideato lo studio: il principale è che le donne in generale sono soddisfatte della decisione presa, perché la riduzione dell’ansia di ammalarsi di tumore prevale su tutti gli altri aspetti ed oltre il 90% rifarebbe la stessa scelta e la consiglierebbe a donne nella medesima condizione. Per quanto riguarda la mastectomia, il principale aspetto negativo segnalato è l’aspetto estetico non sempre del tutto soddisfacente e la ridotta sensibilità della mammella ricostruita.
L’ovariectomia profilattica è stata scelta da più dell’80% del campione per la preoccupazione di un possibile sviluppo di un tumore ovarico e per la mancanza di efficaci alternative di sorveglianza. Più dell’80% delle donne si dichiara soddisfatta delle informazioni ricevute sugli aspetti oncologici, ma solo la metà ritiene di essere stata adeguatamente informata sulle conseguenze dell’intervento e sulle possibilità di trattamento. Infatti quasi due terzi delle donne, dopo l’intervento, ha sviluppato importanti sintomi menopausali, che nella maggior parte dei casi sono stati trattati in modo poco efficace. Da sottolineare che le poche donne che rivaluterebbero la scelta della chirurgia preventiva erano tutte in premenopausa e con disturbi menopausali successivi all’intervento, che ne hanno influenzato fortemente la qualità di vita. All’ospedale Mauriziano è attivo da anni un Centro per la gestione della menopausa in pazienti oncologiche dedicata proprio a questi aspetti.
Nella realtà che è stata indagata, il coinvolgimento del partner è quasi la norma. Il 70% delle operate dichiara di essere stata completamente onesta con il partner nel manifestargli le sensazioni, positive e negative, che provava. Anche se la decisione di sottoporsi alla chirurgia preventiva vede quasi sempre coinvolto e consenziente il partner, la scelta finale è in più della metà dei casi individuale: le donne hanno preso la decisione da sole nel 58% dei casi per la mastectomia e nel 48% per l’ovariectomia. In pochi casi la decisione è stata presa contro il parere del partner. In conclusione questa indagine rappresenta la prima testimonianza diretta della complessità del percorso e delle scelte che le donne con mutazione BRCA devono affrontare e sottolinea la necessità che ricevano un counselling da personale altamente specializzato ed un percorso clinico organizzato sia prima che dopo l’intervento.