Uno studio multicentrico sull’uso di farmaci specifici per contrastare la riduzione della densità ossea e le conseguenti fratture dovute alle terapie ormonali nelle donne con cancro al seno in pre-menopausa. È coordinato da Gherardo Mazziotti, professore dell’Istituto Humanitas di Rozzano-Milano, e ha coinvolto l’Endocrinologia di Asst Mantova, Asst Spedali Civili di Brescia, Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, Humanitas Gavazzeni di Bergamo, Università di Firenze e Washington University di St Louis.
Una perdita ossea precoce e severa indotta dalle terapie di deprivazione ormonale in pazienti con tumore mammario ormono-sensibile è ben documentata sia in pre-menopausa che in post-menopausa. Ma pochi sono i dati sul rischio di fratture e sull’efficacia dei farmaci attivi sul tessuto osseo nelle giovani pazienti oncologiche in fase pre-menopausale. In queste ultime, è ancora più importante la valutazione del rischio e il management terapeutico, perché si tratta di pazienti giovani, con una lunga aspettativa di vita, sottoposte a lunghe cure.
Questo studio, attraverso l’esame delle densitometrie ossee e delle radiografie della colonna vertebrale, mostra che il bisfosfonato o il denosumab riducono il rischio di fratture vertebrali spontanee indotte dal blocco degli estrogeni nelle giovani pazienti con tumore della mammella. Inoltre, mostrano alcune concause potenziali che possono guidare il medico nel valutare quali donne siano a maggiore rischio fratturativo.
Sono state studiate 306 giovani pazienti affette da precoce tumore della mammella, che dopo l’intervento chirurgico sono state sottoposte a doppia terapia ormonale anti-estrogenica. Un maggior rischio è risultato associato a obesità, familiarità per frattura di femore o crolli vertebrali, alla menopausa indotta da chemioterapia, alla presenza di osteoporosi all’esame di densitometria ossea.
Gli specialisti coinvolti hanno dimostrato che una terapia anti-fratturativa, che riduce il fenomeno di riassorbimento osseo dovuto al blocco degli estrogeni, riduce anche il rischio di fratture vertebrali ‘spontanee’.
Il tumore mammario è il cancro più diffuso nelle donne nel mondo. Circa l’80 per cento di questi tumori in donne in pre-menopausa hanno recettori ormonali e possono, quindi, essere curati dopo l’intervento chirurgico con la deprivazione ormonale estrogenica. Si utilizzano tamoxifene oppure inibitori dell’aromatasi insieme alla soppressione della funzione ovarica con una iniezione mensile di GnRHa. Il blocco ormonale azzera la produzione di estrogeni o la loro attività riducendo il maggiore stimolo per la crescita di cellule tumorali.
Durante questa terapia, che dura almeno cinque anni, i livelli di estrogeni nel sangue sono addirittura inferiori a quelli che si trovano normalmente dopo la menopausa. Questo comporta una marcata accelerazione, rapida e improvvisa, della perdita di matrice ossea, ovvero di riassorbimento osseo, con un calo della densità minerale ossea e un aumentato rischio di fratture. A ciò si aggiungono altri fattori di rischio per la fragilità ossea: la chemioterapia, la radioterapia, la possibilità di rapida perdita della funzione ovarica legata ad alcuni chemioterapici, l’assunzione di cortisone durante la chemioterapia, la stanchezza e quindi la riduzione dell’attività fisica. L’impatto delle fratture sulla qualità di vita può essere severo.