Secondo uno studio condotto da ricercatori dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e dell’Italian Institute For Planetary Health, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, pubblicato sull’autorevole rivista “Clinical Nutrition”, l’alimentazione, insieme ad altri fattori di rischio modificabili, potrebbe avere un ruolo fondamentale nella riduzione del rischio di demenza non solo durante la mezza età, ma anche nei grandi anziani.

Fra il 2005 ed il 2017 le abitudini alimentari dei soggetti ultraottantenni che sono entrati a far parte dello studio Monzino 80-plus sono state valutate con un questionario validato sottoposto ai soggetti anziani e ai loro caregiver. Al momento del reclutamento sono stati indagati 1.390 soggetti, mentre 512 soggetti non affetti da demenza sono stati seguiti nel tempo per valutare l’insorgenza di demenza.

“Emerge sempre di più, con il progresso della ricerca, l’importanza del monitoraggio dell’alimentazione in queste popolazioni estremamente anziane – spiega Patrizia Riso, professoressa di Nutrizione Umana presso l’Università degli Studi di Milano. Con l’avanzare dell’età si va incontro a cambiamenti nelle esigenze e nei fabbisogni nutrizionali che è necessario soddisfare in modo da ridurre non solo il rischio di carenze nutrizionali ma, anche, di diverse patologie correlate, tra cui la demenza. Nonostante alcuni risultati contrastanti riguardo l’associazione tra dieta Mediterranea e rischio di demenza, tale stile alimentare potrebbe rappresentare una tra le migliori strategie per raggiungere e mantenere un buono stato di salute.“

“E’ fondamentale – spiega Mauro Tettamanti, epidemiologo dell’Istituto Mario Negri -. studiare in modo più approfondito la popolazione dei grandi anziani, perché rappresenta ad oggi quella a più rapida crescita a livello globale sia in termini assoluti che percentuali. Risulta molto interessante il fatto che mangiare in maggiore quantità risulti protettivo nei confronti della demenza, a suggerire e sottolineare l’importanza del mantenimento di una dieta ricca e varia anche dopo aver raggiunto età avanzate, e a rimarcare la specificità di questa fascia di popolazione, in cui i fattori di rischio noti per età più giovani possono avere effetti minori o addirittura opposti”.

“La nostra prospettiva futura – aggiunge Carlotta Franchi, farmacologa dell’Istituto Mario Negri e responsabile scientifica di IIPH per le attività legate al Mario Negri – è quella di arricchire questi nuovi risultati ottenuti attraverso l’analisi dei dati riportati dai pazienti e dai loro caregiver attraverso questionari ad hoc, con l’analisi dei campioni biologici degli stessi soggetti, al fine di capire i determinanti genetici, metabolici e biochimici di malattia che possono essere influenzati dalla dieta in questa popolazione di grandi anziani”.