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Arriva il vaccino anti-infarto

Il Centro Cardiologico Monzino ha arruolato i primi tre pazienti che, nell’ambito dello studio multicentrico internazionale Victorion-2P, riceveranno Inclisiran, il farmaco che Eugene Brauwnwal, padre della cardiologia moderna, non ha esitato a definire il futuro “vaccino anti-infarto”. Lo studio coinvolgerà oltre 10 mila pazienti nel mondo, con l’obiettivo di dimostrare che il nuovo farmaco di Novartis – che, come un vaccino, viene somministrato solo due volte l’anno- è in grado di ridurre il rischio eventi cardiovascolari gravi, come infarto e ictus, dimezzando i livelli di colesterolo “cattivo” LDL-C. 

“È noto come l’LDL-C giochi un ruolo chiave nello sviluppo e la progressione delle malattie cardiovascolari e aterosclerotiche ed è dimostrato che, abbassandone i livelli nel sangue, si ottiene una riduzione della loro incidenza e della mortalità. Un effetto che è ancora più importante nei soggetti più a rischio, come chi ha già sperimentato nella sua storia un evento cardiovascolare (infarto e ictus). Sono proprio questi i pazienti su cui si focalizza questo studio. Ad oggi infatti, pur avendo a disposizione un’ampia gamma di farmaci anticolesterolo, tra cui le note statine, i target di LDL-C desiderabili per ridurre il rischio di recidive sono spesso difficili da ottenere. Inclirisan è il primo farmaco di una nuova classe che, in studi clinici precedenti, ha già dimostrato di poter abbassare del 50% i livelli di LDL-C sia in pazienti con malattia cerebrovascolare che in pazienti con malattia polivascolare. In questi soggetti, anche la terapia con statine, pur alla massima dose tollerata, non aveva ottenuto del tutto l’obiettivo”, spiega il Prof. Piergiuseppe Agostoni Direttore del Dipartimento di Cardiologia Critica e Riabilitativa Monzino, Professore ordinario di malattie cardiovascolari all’Università degli Studi di Milano e Principal Investigator al Monzino dello studio Victorion-2.

“Inclirisan è stato definito come una delle innovazioni più importanti in ambito di prevenzione cardiovascolare nel nuovo millennio ed è capostipite di una nuova classe di farmaci anticolesterolo, che agiscono con un meccanismo di “silenziamento genico”. Si tratta di molecole che interferiscono in modo mirato su specifici target disattivandoli, e dunque, per così dire, mettendoli a tacere. Inclirisan è ancora più interessante perché silenziando una sequenza di RNA messaggero a livello dell’epatocita, attraverso una serie di meccanismi a cascata, produce una riduzione molto importante dei valori di colesterolo. Da qui il parallelismo con i vaccini anti Sars-CoV-2 che, seppure con meccanismo molto diverso, sfruttano mRNA, una sorta di dizionario in grado di tradurre in pratica quanto scritto nel nostro materiale genetico” aggiunge Massimo Mapelli, membro dello staff dello studio al Monzino, insieme a Elisabetta Salvioni, Fabiana De Martino e Irene Mattavelli.

“Inclirisan è un farmaco di precisione: viene iniettato sottocute, come avviene ad esempio per l’eparina, e va direttamente a un bersaglio specifico senza altri target in diversi punti dell’organismo. Per questo è ben tollerato e provoca effetti collaterali meno gravi rispetto alle statine ad alte dosi. La bassa tossicità è un aspetto fondamentale perché i pazienti candidabili allo studio sono quelli in “prevenzione secondaria”, ovvero persone che in passato hanno già avuto un evento cardio-cerebro-vascolare. Per esempio, la paziente reclutata per prima qui al Monzino ha avuto un grave infarto due mesi fa e continua, nonostante una scrupolosa assunzione della terapia, ad avere valori di colesterolo troppo alti rispetto al valore soglia.  Siamo particolarmente contenti di aver iniziato con un soggetto di sesso femminile perché, come è noto, negli studi clinici le pazienti sono spesso sotto-rappresentate, nonostante abbiano un rischio cardiovascolare sovrapponibile a quello degli uomini” sottolineano le tre ricercatrici.

“Un altro punto chiave è rappresentato dalla compliance del paziente all’assunzione delle terapie. Molti studi dimostrano come nel post-infarto fino al 40% delle prescrizioni farmacologiche vengano disattese per vari motivi nell’arco dei 12 mesi successivi all’evento, annullandone il beneficio. Un farmaco che si somministra solo 2 volte l’anno, magari durante una visita ambulatoriale già programmata, permette di superare anche questo problema”, precisa Mapelli.

Lo studio Victorion-2P è randomizzato in doppio cieco e prevede la somministrazione due volte l’anno con un follow-up variabile tra 3-6 anni, in cui il paziente viene rivisto periodicamente in ambulatorio per controllare il suo stato di salute e registrare eventuali eventi per verificare le differenze nei due bracci. Al momento in Italia, oltre al Monzino, sono attivi o in corso di attivazione altri 5 centri, ma il numero è in continua evoluzione. I centri totali che vorrebbero aprire il reclutamento a livello mondiale sono 806, di cui 531 extra-UE, 275 UE e 20 Italiani, con un obiettivo di reclutamento nel nostro Paese di 200 soggetti.

“Negli ultimi decenni è stato assodato il concetto che più il colesterolo è basso, maggiore è la riduzione del rischio di eventi. È importante notare, come dimostrato recentemente, che non è fondamentale il valore puntuale in un momento x della vita del paziente, ma i valori di colesterolo LDL “spalmati” su molti anni. Anche per questo noi al Monzino crediamo moltissimo in questo farmaco d’avanguardia, che va a modificare i meccanismi molecolari alla base della iperproduzione di colesterolo a bassa densità. Non ci stupiremmo che, come spesso avviene per questi studi avanzati, anche Victorion-2P venga interrotto in anticipo, prima di aver arruolato tutti i pazienti, perché il braccio di trattamento con farmaco risulta statisticamente più favorevole rispetto a quello placebo”, conclude Agostoni.

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