Armare il sistema immunitario per combattere i tumori del sangue
Un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, coordinati da Giulia Casorati, responsabile dell’Unità di Immunologia sperimentale dell’istituto, hanno identificato un nuovo approccio terapeutico per trattare i tumori del sangue, ingegnerizzando in laboratorio specifiche cellule immunitarie prelevate da donatori sani.
Si tratta di linfociti T geneticamente modificati con un recettore, chiamato TCR, in grado di riconoscere la molecola CD1c, presente sulla superficie cellulare e associata a un particolare antigene lipidico, sovra-espresso nelle cellule maligne.
La novità dello studio è racchiusa nel complesso formato da CD1c con mLPA, una sorta di meccanismo chiave-serratura, identico in tutti gli individui: il TCR identificato è quindi “universale”, cioè in grado di riconoscere le cellule tumorali di ogni paziente, senza barriere di istocompatibilità tra donatore e ricevente. I risultati ottenuti, per ora solo su modelli sperimentali di leucemia acuta, mostrano come i linfociti T modificati per esprimere il TCR universale ritardano significativamente la progressione della malattia, senza aggredire i tessuti sani dell’ospite.
Lo studio, pubblicato su “Nature Communications”, è stato possibile grazie ai finanziamenti della Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, del World Cancer Research e della Leukemia Lymphoma Society.
Le leucemie acute rappresentano un gruppo eterogeneo di tumori del sangue causati dalla proliferazione incontrollata delle cellule staminali ematopoietiche e possono colpire sia bambini che adulti. Il tasso di recidiva delle malattie rimane ancora molto elevato nelle forme leucemiche più aggressive imponendo la ricerca di terapie più efficaci delle attuali.
La frontiera più avanzata nella ricerca in questo campo è rappresentata dall’immunoterapia cellulare, che consiste nell’infondere i pazienti con linfociti T, modificati geneticamente in laboratorio con un recettore TCR, in grado di riconoscere gli antigeni tumorali espressi dalle molecole HLA presenti sulla superficie cellulare.
“Il limite di questa strategia è dato dal fatto che le molecole HLA sono estremamente polimorfiche, diverse da individuo a individuo, pertanto si dovrebbe disporre di tanti TCR diversi da utilizzare a seconda del tipo di HLA espresso dal paziente. La situazione ottimale sarebbe quella di disporre di un TCR ‘universale’ che riconosca tutte le cellule tumorali indipendentemente dalla barriera HLA, pronto per l’uso”, spiega Michela Consonni, prima autrice dello studio.
I ricercatori del San Raffaele hanno però trovato una possibile strategia alternativa: hanno modificato in laboratorio i linfociti T umani con un TCR universale in modo che possano riconoscere proprio l’antigene lipidico mLPA presentato sulla superficie cellulare dalle molecole CD1c, identiche in tutti gli individui.
“Ingegnerizzare i linfociti T con questo recettore ha notevoli vantaggi: il primo è correlato all’universalità di questo approccio terapeutico che permette di colpire tutti i tumori del sangue che esprimono la molecola CD1c.
Il secondo è legato al fatto che la molecola CD1c è espressa esclusivamente da cellule di origine ematopoietica, pertanto non c’è il rischio di indirizzare i linfociti, armati col TCR specifico per il lipide mLPA, contro i tessuti sani del paziente, causando Graft-versus-Host Disease – specifica Giulia Casorati, coordinatrice dello studio -. Il terzo aspetto non meno importante è legato al fatto che, dal punto di vista metabolico, mLPA è necessario per far crescere la cellula tumorale: le ellule sane, quindi, ne esprimono molto meno e non vengono così attaccate ed eliminate dai linfociti T ingegnerizzati”.
Dopo aver modificato e potenziato in laboratorio le cellule del sistema immunitario, il gruppo di ricerca del San Raffaele ha testato la loro efficacia su modelli sperimentali di leucemia acuta, mostrando come fossero in grado di ritardare la progressione della malattia e di inibire la crescita del tumore.
Lo studio esplora una strategia mai descritta precedentemente: grazie a questo approccio ci potrebbe essere la possibilità in futuro di trattare tutti i pazienti con leucemia che esprimono le molecole target CD1c.
“Ora stiamo approfondendo alcuni aspetti importanti che miglioreranno la sicurezza e l’efficacia di questa tecnica. Speriamo di essere in grado di definire una nuova strategia immunoterapeutica alternativa che possa andare a complementare quelle già esistenti, per ampliare le opzioni da offrire ai pazienti che vanno incontro a recidive”, conclude Casorati.