Dopo il periodo natalizio, gennaio è per tutti il momento di riprendere a dedicarsi con costanza alla cura di sé, compresa quella della pelle. Ma al di là di creme idratanti, maschere e tonici, c’è un altro elemento a cui prestare attenzione: l’aria che ci circonda.

Se infatti è ben noto che l’inquinamento atmosferico può essere dannoso per il sistema respiratorio, pochi sanno che esiste una forte connessione tra inquinamento e salute della pelle.

L’esposizione prolungata all’inquinamento da particolato è un fattore di rischio indipendente per l’insorgenza della dermatite atopica; nello specifico, già l’aumento di 1 ug/mc  è correlato a un incremento del 42% del rischio di sviluppo di AD.

L’esposizione all’inquinamento, compresi PM2,5 e PM10, aumenta il rischio di sviluppare la psoriasi: un aumento di 1ug/m3 nelle concentrazioni medie a lungo termine di questi due agenti inquinanti è correlato a un incremento del rischio di sviluppare la psoriasi rispettivamente del 65% e del 30%.

L’invecchiamento accelerato, che si manifesta con un aumento delle macchie pigmentarie e delle rughe sul labbro superiore e sulla fronte, è stato correlato all’esposizione all’inquinamento da particolato.

La cottura con combustibili solidi è associata a un aumento del 5-8% della comparsa di rughe sul viso e del 74% del rischio di rughe sottili sulle mani.

Un altro studio suggerisce che l’inquinamento atmosferico è significativamente correlato ai segni dell’invecchiamento, comprese le macchie pigmentarie e le rughe. Un aumento dell’esposizione alla fuliggine e alle particelle del traffico è stato collegato inoltre a un incremento del 20% delle macchie pigmentarie sul viso.

La maggior parte delle persone considera l’inquinamento atmosferico come un fenomeno esterno alla propria abitazione, ma dal 2016 Dyson affronta il problema dell’inquinamento anche negli ambienti interni, dove trascorriamo fino al 90% della nostra vita e dove l’inquinamento annuale da particelle può essere fino a 5 volte superiore a quello esterno. A dimostrarlo anche i risultati del primo progetto Global Connected Air Quality Data di Dyson che ha analizzato i dati relativi alla qualità dell’aria indoor provenienti da oltre 2,5 milioni di purificatori d’aria connessi per scoprire quanto siano inquinate le nostre case.

Nel 2022, in 2 Paesi su 3 sono stati rilevati livelli medi annui di PM2,5 indoor più alti di quelli outdoor. In Italia, i livelli medi annui di PM2,5 in ambienti interni hanno superato del 10% quelli all’esterno.

In tutti i Paesi coinvolti i valori medi mensili di PM2,5 sono risultati superiori, per almeno 6 mesi nel corso dell’anno, alle linee guida dell’OMS per l’esposizione a lungo termine. L’Italia ha superato le raccomandazioni dell’OMS per 7 mesi nell’arco dell’anno. 

L’inverno è stato la stagione più inquinata in tutte le aree geografiche; l’Italia non fa eccezione, con gennaio identificato come il mese più inquinato sia a Milano che a Roma.

In un arco di tempo di 24 ore, l’orario più inquinato è stato identificato tra le 18:00 e la mezzanotte, in corrispondenza con i momenti in cui le persone si trovano generalmente nelle proprie abitazioni e, di conseguenza, sono esposte a livelli più elevati di inquinanti.