La presenza di alcune comunità di batteri “buoni” all’interno del microbiota intestinale potrebbe contribuire, sin dalle prime fasi dell’invecchiamento, ad una crescita ridotta del grasso addominale viscerale e quindi ad una migliore condizione di salute. Lo rivela uno studio coordinato da un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Gut Microbes”.

“Lo specifico profilo microbico che abbiamo individuato potrebbe rappresentare un potenziale marcatore di invecchiamento in salute e di longevità già a partire dai 60 anni di età”, spiega Aurelia Santoro, ricercatrice al Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna che ha coordinato lo studio. “Monitorare ed eventualmente modulare il microbiota intestinale, oltre a promuovere sane abitudini alimentari, potrebbe quindi diventare uno strumento aggiuntivo per avere una popolazione anziana più sana e con una migliore qualità della vita”.

L’invecchiamento è generalmente accompagnato da cambiamenti fisiologici che influenzano la composizione e la funzionalità corporea, compreso l’accumulo di massa grassa a scapito della massa muscolare: un fenomeno che ha effetti negativi sulla salute generale. Diversi studi hanno mostrato che con l’avanzare dell’età diminuisce la massa dei tessuti muscolari e di organi come il cervello, i reni, il fegato e la milza, a favore di una tendenza all’aumento del grasso viscerale, la parte di tessuto adiposo concentrata all’interno della cavità addominale.

Questo accumulo di depositi di grasso è associato ad una condizione che favorisce lo sviluppo di infiammazione, la quale può contribuire all’insorgenza di malattie cardiovascolari, di resistenza all’insulina e di diabete di tipo 2. In particolare, l’eccesso di tessuto adiposo viscerale può essere causa di eventi cardiovascolari aterosclerotici ed è un fattore di rischio chiave per lo sviluppo della sindrome metabolica.

L’accumulo di massa grassa è però anche legato al microbiota intestinale: l’insieme dei microrganismi simbionti che a migliaia di miliardi abitano l’intestino umano e che hanno un ruolo fondamentale per la nostra salute, a partire dalla regolazione del metabolismo. Per capire in che modo la composizione del microbiota è collegata alla presenza di grasso viscerale nella popolazione anziana, gli studiosi hanno quindi realizzato un’indagine su 201 persone con più di 65 anni, analizzando il loro profilo microbico e la loro composizione corporea.

“La nostra analisi ha permesso di individuare tre diversi profili di microbiota”, dice Teresa Tavella, dottoranda al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna e co-primo autore dello studio. “Tra questi, il gruppo di anziani il cui microbiota aveva un maggiore livello di diversità batterica era anche quello con valori più bassi di grasso viscerale, con un minore indice di massa corporea e con valori più bassi di marcatori dello stato di salute come la pressione diastolica, i livelli di creatinina e i livelli di acido urico”, aggiunge Simone Rampelli, ricercatore al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna e co-primo autore dello studio. “E i soggetti con questo particolare profilo microbico erano anche quelli con una dieta più salutare e un migliore profilo metabolico”.

Tra le famiglie di batteri che caratterizzano questo microbiota “arricchito” i ricercatori ne hanno messo in evidenza in particolare una, quella delle Christensenellaceae, nota per essere una componente importante del microbiota intestinale dei centenari e ultracentenari e per essere in generale associata ad un migliore stato di salute.

“La presenza nel microbiota di particolari famiglie batteriche note per i loro effetti benefici potrebbe contribuire a ridurre l’accumulo di grasso viscerale e quindi potrebbe rappresentare un marcatore di invecchiamento in salute e di longevità”, conferma Silvia Turroni, ricercatrice del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna, autore corrispondente dello studio. “In futuro, possiamo aspettarci che la modulazione del microbiota intestinale diventerà una strategia diffusa per contrastare i problemi legati all’avanzare dell’età”, conclude Aurelia Santoro.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Gut Microbes” con il titolo “Elevated gut microbiome abundance of Christensenellaceae, Porphyromonadaceae and Rikenellaceae is associated with reduced visceral adipose tissue and healthier metabolic profile in Italian elderly”.

La ricerca è stata sviluppata grazie alla collaborazione di alcuni gruppi coinvolti nel progetto europeo NU-AGE, coordinato da Claudio Franceschi, professore emerito al Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna, con la collaborazione della professoressa Patrizia Brigidi (Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche) e di cui Aurelia Santoro (Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale) è stata manager scientifico. Hanno inoltre contribuito allo studio il professor Giuseppe Battista (Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale e Radiologia del Policlinico di Sant’Orsola) ed il dott. Alberto Bazzocchi (IRCCS Istituto Ortopedico Rizzoli).