Un infarto e il cuore, in brevissimo tempo, smette di funzionare: è lo shock cardiogeno, complicazione di eventi ischemici importanti, che ancora oggi ha un esito fatale in un caso su due e nel 75% dei pazienti over 70. A tal proposito la Commissione Europea investe nella ricerca, selezionando e finanziando i progetti di ricerca e cura più innovativi con il programma Horizon 2020. EURO SHOCK è il nome del progetto collaborativo europeo che ha vinto e l’Ospedale Papa Giovanni XXIII è l’unico centro italiano partner del consorzio e coordinerà il lavoro dei tre centri satelliti italiani.
Il progetto prevede l’uso dei sistemi di assistenza cardiocircolatoria più avanzati, associati ad interventistica coronarica con una sinergia di intervento rapido tra gruppi diversi dell’Ospedale. Un vero programma avanzato interdipartimentale basato sulla lunga esperienza dei team ECMO, guidato dal Direttore dell’Anestesia e Rianimazione 2 Luca Lorini, e dalla Cardiologia Interventistica, diretta da Orazio Valsecchi. Nei prossimi 5 anni sarà condotto lo studio randomizzato più ampio mai realizzato con questi sistemi di assistenza nei pazienti colpiti da infarto miocardico acuto e shock cardiogeno, coinvolgendo 428 pazienti giunti negli ospedali terziari di riferimento.
“EURO SHOCK è una sfida difficile, su pazienti ad alto rischio che riceviamo in Ospedale in emergenza e in condizioni critiche, in cui gli interventi attuali, compresa la terapia farmacologica, hanno un impatto limitato. Usare l’ ECMO insieme alla rivascolarizzazione coronarica mediante angioplastica è la novità dello studio per ridurre la mortalità e le conseguenze dello shock“, ha commentato Giulio Guagliumi (nella foto), cardiologo interventista riconosciuto a livello internazionale e responsabile per l’Italia del progetto.
EURO SHOCK si apre poco dopo la conclusione di PRESTIGE, un altro progetto innovativo vincitore del grant in sanità dell’Unione europea dedicato alla trombosi degli stents, per spiegarne i meccanismi attraverso l’ uso clinico delle immagini OCT. L’Ospedale di Bergamo è stato l’unico centro italiano coinvolto. Sono stati studiati più di 600 pazienti con trombosi degli stents. Allo studio la rivista di riferimento per i cardiologi, Circulation, ha dedicato un articolo recentissimo, che vede come autore responsabile del progetto il dott. Guagliumi.