Controllare lo stato clinico di un paziente in cardio stimolazione senza la presenza fisica dello stesso in ambulatorio. È ciò che è reso possibile dall’home monitoring, ovvero il controllo remoto dei dispositivi impiantabili. Il progetto, che permette il monitoraggio cardiologico a domicilio, è partito all’ospedale di Savigliano (Cuneo). “Nella nostra ASL, abbiamo circa 3.000 impianti di pacemaker, 150 impianti di defibrillatori, tra i 100 e i 150 loop recorder, i dispositivi usati nelle sincopi non spiegate”, riferisce Aldo Coppolino, dirigente medico della cardiologia. Tutti i moderni impianti sono in grado di memorizzare una quantità sempre maggiore di informazioni diagnostiche. I dati raccolti possono essere di natura più tecnica e legati strettamente al funzionamento del dispositivo, come ad esempio la valutazione continua dello stato della batteria e delle funzioni di sensing, soglia e impedenza , ma possono riferirsi più nello specifico allo stato clinico del paziente, ad esempio l’ incidenza di aritmie, le misure fisiologiche, gli indicatori della funzione cardiovascolare. “Ormai abbiamo patologie croniche che non possono esser risolte in ospedale, ma sul territorio e a domicilio” riferisce Baldassarre Doronzo, direttore della cardiologia Asl Cn1 “e l’ospedale deve diventare sempre di più il posto per curare la patologia acuta, non quella cronica”. Dal momento che il controllo dei pazienti con dispositivi impiantabili costituisce, per le strutture sanitarie, un carico di lavoro pesantissimo e difficile da sostenere a breve-medio termine, il monitoraggio elettronico può rappresentare una risposta al consistente consumo di risorse sanitarie. I controlli, generalmente, sono effettuati ogni tre/dodici mesi a seconda della complessità della struttura, del caso e del dispositivo usato. Inoltre, molti malati richiedono visite addizionali, non programmate, per analizzare sintomi legati alla patologia o all’impianto, ma anche altri accertamenti slegati dalla cardiopatia. Il controllo remoto garantisce, così, l’identificazione precoce dei cambiamenti dello stato clinico del paziente tra cui aritmie atriali e ventricolari, trend della frequenza cardiaca progressione dello scompenso e permette una valutazione tempestiva dei cambiamenti terapeutici da apportare riducendo ed ottimizzando, di conseguenza, il numero dei follow-up ambulatoriali. Se succede un evento nell’intervallo di tempo tra una visita e l’altra, “con questo sistema di telemedicina possiamo coglierlo con largo anticipo” spiega Aldo Coppolino, dirigente medico della cardiologia di Savigliano. “Al paziente – prosegue Coppolino – viene consegnato un trasmettitore che può mettere sul comodino e collegare alla linea telefonica: invierà dei dati che saranno raccolti in un server digitale da dove ricavare le informazioni e i dati”. Altro vantaggio per i pazienti trattati, spesso molto fragili, anziani e con difficoltà varie che possono essere motorie, di infermità o più semplicemente geografiche, di trasporto e logistiche, è la riduzione delle visite di controllo ambulatoriali e delle riospedalizzazioni con il conseguente miglioramento della qualità della vita del paziente stesso. Fondamentale è sottolineare che l’home monitoring non sostituisce in nessun modo il percorso dell’urgenza-emergenza che segue quello tradizionale, ma è da intendersi soltanto come un diverso modo di organizzare l’assistenza.
Il monitoraggio remoto è stato ideato e realizzato tra 1999 e il 2000 sfruttando la rivoluzione tecnologica allora in atto che ha permesso la larga e diffusa disponibilità dei sistemi elettronici miniaturizzati e senza fili. Tra il 2000 e il 2001 è stato realizzati il primo prototipo non commercializzato. Nonostante le varie case produttrici abbiano iniziato a fornire propri sistemi di monitoraggio a distanza, comune denominatore è l’utilizzo di una linea telefonica fissa per la trasmissione finale dei dati che avviene via cavo o wireless. È tutelata la privacy secondo le più aggiornate norme di tutela dei dati personali e sensibili.