L’IRCCS Policlinico San Donato è il primo Ospedale al mondo, insieme al Catharina Hospital di Eindhoven, a ricevere il sistema di perfusione di nuova generazione, nato dalla collaborazione tra l’IRCCS e LivaNova, l’azienda multinazionale specializzata nella produzione di dispositivi medici per chirurgia cardiovascolare e neuromodulazione.
L’IRCCS Policlinico San Donato è tra i primi 2 Istituti in tutto il mondo a ricevere il sistema di perfusione dell’azienda biotech LivaNova. In questa fase di pre-release, il Policlinico metterà a disposizione dei suoi esperti il nuovo sistema cuore-polmone per dare il via a un percorso che prevede: acquisizione di competenze sulle specificità di questa tecnologia innovativa; valutazione clinica del dispositivo prima della commercializzazione in larga scala.
Sotto la guida di Mauro Cotza, Coordinatore dell’Unità ECMO e del Servizio di Fisiopatologia Cardiocircolatoria e Perfusione Cardiovascolare con esperienza decennale presso l’Ospedale di San Donato Milanese, l’équipe di perfusionisti e i medici potranno far pratica sul sistema, attualmente situato all’interno del Training Center, centro di formazione e simulazione, fortemente desiderato dalle principali personalità dell’Istituto del Gruppo San Donato.
È il Dr. Cotza trait d’union con l’azienda medicale: ha preso parte alla progettazione del sistema in qualità di esperto. Dopo un primo periodo di formazione, la macchina già funzionante per uso non clinico sarà affiancata da un’altra unità per uso clinico che verrà allocata nelle sale dell’Ospedale e, dunque, destinata ad uso clinico a partire da metà dicembre.
Scopriamo insieme al Dr. Cotza che cosa si intende per sistema cuore-polmone, perché l’arrivo della nuova macchina al Policlinico San Donato inaugura una nuova fase della perfusione e che cos’è la circolazione extracorporea.
“L’utilizzo della macchina cuore polmone in cardiochirurgia serve a replicare quello che fanno normalmente il nostro cuore e i nostri polmoni durante una fase in cui necessariamente essi devono essere fermati; quello che ne deriva è un flusso di sangue ottimizzato che alimenta organi e tessuti: in termini clinici questo supporto temporaneo viene definito perfusione extracorporea o, più semplicemente, perfusione – spiega il Dr. Cotza -.
Sfortunatamente, questo tipo di strategia ottenuta artificialmente produce una reazione di difesa da parte del nostro organismo, in parte mitigabile, che si associa a complicanze talora imprevedibili”, continua il medico.
“Oggigiorno si richiedono, sempre di più, sistemi che spostino il paradigma della perfusione da preventivo a predittivo – spiega il Dr. Cotza -. In altri termini, non è più sufficiente evitare la complicanza imprevedibile: l’interesse è quello di analizzare le cause potenziali che ne possono determinare l’insorgenza.
LivaNova, in questo senso, si è resa interprete di un progetto condiviso, che ha dato alla luce il concetto di Goal Directed Perfusion, di cui il nostro Istituto è stato un precursore. Qui in IRCCS Policlinico San Donato, però, ci poniamo obiettivi ancora più ambiziosi: desideriamo ottenere algoritmi di gestione basati sull’analisi multi-parametrica, integrata da dati extraperfusione, tramite l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.
Sistemi cuore-polmone come questo nascono con questa precisa finalità. La sfida, a cui non vogliamo sottrarci, sarà quella di farsi trovare pronti a sfruttarne a pieno le potenzialità”.
“La circolazione extracorporea rappresenta, da oltre mezzo secolo, una metodica in continua evoluzione ed è strutturale alla quasi totalità degli interventi di cardiochirurgia – spiega il Dr. Cotza -. Unisce strategia terapeutica e tecnologia pura, sviluppata intorno a sistemi integrati di supporto e monitoraggio cardio-circolatorio sui quali vengono installati dispositivi monouso in continuità con il paziente”.
La circolazione extracorporea ha mosso i primi passi nell’era pionieristica della cardiochirurgia. Progressivamente, si è cercato di rendere fruibili alla più ampia fascia della popolazione tecniche chirurgiche e tecnologie extracorporee in modo sicuro e facilmente replicabile.
Oggi la circolazione extracorporea si propone di garantire risultati di outcome di livello non meno che eccellente, con il minimo dell’invasività e il massimo del monitoraggio clinico: le aspettative dei clinici e dei pazienti sono elevatissime e, dal punto di vista tecnologico, si è passati da sistemi meccanici, semplici e affidabili, a vere e proprie stazioni digitali di gestione dei dati intraoperatori in grado di associare istantaneamente score di rischio clinico alle modalità di conduzione della circolazione extracorporea.
“Il paradigma della circolazione extracorporea è quello di vicariare le funzioni di cuore e polmoni quando questi devono essere fermati perché oggetto di chirurgia riparativa”, spiega il Dr. Cotza.
Una procedura cardiochirurgica in circolazione extracorporea prevede, anzitutto, la preparazione del paziente per la connessione alla macchina cuore-polmone e l’avvio della circolazione extracorporea dopo anticoagulazione sistemica; si ferma, quindi, il cuore isolando la circolazione coronarica e infondendo selettivamente una soluzione cardioplegica: questo garantisce al chirurgo un campo operatorio fermo ed esangue. Al termine della chirurgia si procede al contrario, con l’emostasi chirurgica e la chiusura del tramite chirurgico.
Il segreto di un buon risultato, al di là di una buona chirurgia, è quello di minimizzare l’effetto dell’interazione tra circuito extracorporeo e il sangue del paziente, che reagisce con una risposta infiammatoria generalizzata e l’attivazione incontrollata del sistema emostatico coagulativo. Su questo aspetto grava la scelta dei materiali, il tempo di esposizione e le configurazioni che minimizzano gli spazi morti e le superfici di contatto.
La circolazione extracorporea ha come obiettivo principale quello di fornire ossigeno ai tessuti in funzione del loro consumo: studi recenti hanno dimostrato che questo meccanismo è correlato al danno d’organo e l’adeguatezza della perfusione ha un forte impatto sull’outcome. Il monitoraggio dei parametri di perfusione diventa, quindi, fondamentale e la capacità predittiva di possibili eventi avversi una risorsa a cui attingere a piene mani.
In quest’area si sono concentrati gli sforzi maggiori del biotech, che ha investito non solo nell’implementazione dell’hardware diagnostico, ma anche in piattaforme digitali integrate alla macchina cuore-polmone in grado di acquisire un grande numero di informazioni e di processarle in tempi brevissimi, dando ai clinici un feedback prezioso.
Infine, l’analisi del rischio clinico attraverso protocolli di prevenzione e gestione degli eventi avversi sono strumenti oramai irrinunciabili. “Anche nel contesto della perfusione si è passati dal concetto di cura a quello del prendersi cura del paziente in toto”, afferma il Dr. Cotza.