Per tradurre il messaggio di una dieta bilanciata, la forma più utilizzata e conosciuta è senz’altro quella della piramide alimentare. L’idea alla base è abbastanza semplice: nei piani bassi ci sono i cibi da consumare tutti i giorni, via via che si sale si trovano gli alimenti da portare in tavola con meno frequenza. La piramide che va per la maggiore alle nostre latitudini è quella mediterranea, di cui ne esistono diversi tipi. Gli specialisti della Dietetica e Nutrizione Clinica di Niguarda ne hanno messo in piedi due varianti molto singolari, quasi diametralmente opposte: quella che tiene conto delle tante contaminazioni etniche e quella “geolocalizzata” con i piatti e le eccellenze della gastronomia lombarda.
Per quanto riguarda la costruzione della piramide va precisato che la forma è unica ma i piani che la costituiscono possono essere diversi. “Si possono realizzare tante varianti, a seconda del focus che si vuole mettere in evidenza, ad esempio per gruppi di alimenti omogenei per composizione oppure può essere suddivisa in base al frazionamento e alla distribuzione dei pasti- precisa Ettore Corradi, Direttore della Dietetica e Nutrizione Clinica-. E poi ci possono essere ulteriori sotto-raggruppamenti o aggregazioni a seconda del target a cui mi rivolgo. Ancora prima di assemblare la piramide va ribadito comunque che non esiste un alimento che fa bene o uno che fa male in assoluto. Quello che funziona è la corretta combinazione”.
Il modulo base della piramide mediterranea contempla questa distribuzione: 45-60% di carboidrati, il 20-35% di grassi e la rimanente quota dedicata alle proteine. Ma all’interno di questa griglia esistono innumerevoli combinazioni. Da qui l’idea di proporre due modelli opposti, quello che apre alla globalità con molti cibi provenienti da colture culinarie diverse da quella italiana e quello più vicino al tanto decantato chilometro zero, che però in Lombardia e in particolare in una città come Milano sembra essere troppo spesso dimenticato. Entrambi hanno come piano zero, le fondamenta, l’attività fisica, forse l’aspetto che si rischia di trascurare maggiormente. Salendo troviamo i primi piatti, che nella variante etnica sono rappresentati da alimenti come la quinoa, il miglio, l’amaranto, il mais e la tapioca. La Lombardia risponde, invece, con pane, polenta, riso o castagne, usate anche in forma di farina. Nella categoria dei cibi a consumo quotidiano rientrano anche frutta e verdura: agli esotici mango, papaya e germogli di bamboo fanno da contraltare le mele della Valtellina, la cipolla di Sermide, la zucca di Mantova e le radici di Soncino.
I piani alti della piramide sono popolati dagli alimenti da far ruotare durante la settimana, in base alla frequenza di consumo consigliata. Forse un po’ inaspettatamente nella piramide etnica si trovano in questa zona alimenti come le alghe e gli insapori tori come nori, wakame e salsa di soia. “Per il loro consumo l’invito è quello di informarsi e rispettare i quantitativi utilizzati nelle culture di origine. Ad esempio, infatti, nell’alga Kombu ci sono elevati livelli di iodio che potrebbero squilibrare il metabolismo della tiroide- precisa Corradi-”. Nel vertice di quella lombarda, invece, spicca “sua maestà” il panettone.
Per quanto riguarda i grassi, si sa: pochi ma buoni. “Ad esempio per condire o cucinare perché non usare l’olio extravergine dei laghi lombardi? Meno conosciuto degli omologhi toscani o pugliesi ma altrettanto di qualità- propone Corradi-”.
Il lavoro degli specialisti della dietetica del Niguarda non è si è limitato a dare un indirizzo teorico, ma ha previsto un risvolto pratico fatto di ricerca dei tanti prodotti DOP da includere in una serie di ricette della tradizione lombarda. “Abbiamo pensato ad un menù giornaliero con ricette tratte anche da ricettari di Regione Lombardia – indica Corradi-. Si incomincia la giornata con lo yogurt e il miele varesino, a pranzo polenta con tinca alla vestale e a cena un minestrone alla milanese. Abbiamo il dovere di aprirci alla globalità, e in questo senso Milano è molto inclusiva, senza però tralasciare la nostra identità. Forse oggi conosciamo di più alimenti esotici come il curry, il sesamo, il sushi o la tempura, ma rischiamo di dimenticarci di eccellenze del nostro territorio come il pane di segale della Valtellina, la pera mantovana o altri pesci di lago come il persico e il coregone, ricco di omega 3”.
Continua Corradi: “Una buona alimentazione è fondata sulla tradizione e sul passaggio del sapere. Quando questo flusso si interrompe, si creano degli squilibri inevitabili. Per questo, a breve inizieremo un lavoro di equipe per “tramandare” le ricette del modello della piramide lombarda ai nostri pazienti che afferiscono ai servizi territoriali del dipartimento di salute mentale”.