Presentato oggi presso la Hall del Policlinico lo studio biennale del Centro Pediatrico Interdipardimentale per la Psicopatologia da Web del Policlinico Gemelli, in collaborazione con la Federazione Italiana Medici Pediatri di Roma e il sostegno incondizionato di Comunità Incontro Onlus.
Rilevare indicatori precoci di rischio sulle nuove psicopatologie emergenti in età infantile e in adolescenza, attraverso la somministrazione di test che misurano l’aggressività nei minori. In sintesi è questo l’obiettivo del progetto di ricerca “La rabbia che non si vede” promosso dal Centro Pediatrico Interdipartimentale per la Psicopatologia da Web della Fondazione Policlinico universitario A. Gemelli, presentato oggi, mercoledì 7 febbraio, nel corso del convegno “Prevenire la psicopatologia in età infantile” presso la hall del Policlinico.
Dalle risposte ai questionari, differenziati per cinque fasce di età, emergeranno diversi gradi di rischio – basso, intermedio o alto – di sviluppare psicopatologie quali ritiro sociale con abbandono della scuola, cyberbullismo, dipendenze comportamentali e tossicodipendenze.
Il progetto di ricerca, che durerà due anni, è svolto in collaborazione con la Federazione Italiana Medici Pediatri di Roma, e sostenuto da Comunità Incontro Onlus, in collaborazione con la fondazione VALEUR Foundation, da sempre attive nella prevenzione e nella cura delle dipendenze patologiche, con il patrocinio dell’Associazione Nazionale Presidi e della Onlus Tra gioco e realtà.
“Fin da piccoli – spiega il responsabile del progetto dott. Federico Tonioni, Dirigente Medico UOC Psichiatria Policlinico Gemelli, Istituto di Psichiatria e Psicologia Università Cattolica – i bambini apprendono dall’esperienza grazie a un istinto primario che promuove l’esplorazione dell’ambiente e la ricerca di relazioni. Questa spinta irrefrenabile rappresenta una sana forma di aggressività, si esprime attraverso il movimento e la capacità di vivere le emozioni, ed è la stessa che induce un bambino a camminare e un adolescente a uscire di casa per la prima volta da solo”. Nei bambini è necessario che tale energia vitale sia accompagnata da una presenza genitoriale attiva che gli consenta di fare esperienze in sicurezza e di avere quell’approvazione genitoriale indispensabile per la crescita. Se ciò non accade in misura sufficiente l’istinto a crescere non diventa esperienza e in qualche modo viene trattenuto dentro trasformandosi in rabbia. Questa rabbia profonda, che sta alla base di numerose forme di psicopatologia tra gli adolescenti, può esprimersi con una tendenza all’iperattività e alla ribellione o rimanere sottotraccia e, quindi, gestita nel tempo, con la nascita di sintomi psicosomatici, idee ipocondriache, incapacità a intraprendere e a mantenere relazioni con gli altri e abuso di videogame con contenuti violenti. “La rabbia che non si vede – continua Tonioni – riteniamo possa avere un ruolo decisivo anche nei disturbi dell’apprendimento, perché compromette l’autostima e la capacità dei bambini di credere in se stessi, nonostante siano dotati di un nuovo profilo cognitivo”.
Il progetto di ricerca è strutturato attraverso la somministrazione di un test che misura l’uso e le funzioni dell’aggressività. I test sono stati elaborati e differenziati per cinque fasce di età: 0- 2 anni, 3-5, 6-7, 8-10 e 11-14.
In età prescolare, quindi da 0 a 6 anni di età, i questionari verranno somministrati ai genitori. In questa fascia la capacità del bambino di trovare spazio verrà indagata attraverso domande sulla relazione madre-figlio e sulle modalità di gioco.
Nell’età che va dai 6 ai 10 anni il questionario potrà essere somministrato direttamente al bambino e solo laddove non fosse possibile verrà considerato l’ausilio dei genitori. In questa età la gestione della rabbia verrà indagata attraverso domande che sondano la relazione con i pari, il gioco e la tolleranza alle regole.
Dagli 11 ai 14 anni verrà osservata la percezione di sé, la percezione delle regole e la socialità. Ogni domanda del questionario è a risposta multipla e prevede cinque possibilità. La siglatura del questionario calcola un punteggio totale e due punteggi parziali: uno per l’aggressività e l’altro per la socialità. Tali punteggi sono inseriti in quattro fasce di rischio. Incrociando questi punteggi si otterranno dei rischi bassi, intermedi o alti. Data la precoce età di somministrazione ogni questionario verrà somministrato per almeno due anni consecutivi all’interno del controllo pediatrico di routine da parte dei medici della FIMP di Roma, in modo da poter monitorare l’andamento senza dover necessariamente medicalizzare in età precoce. “Solo laddove per almeno due anni consecutivi dovessimo rilevare un rischio alto o intermedio alto – conclude Tonioni – verranno somministrati altri test e/o interventi clinici per indagare ulteriormente lo stato del bambino. Negli altri casi i bambini continueranno a essere osservati annualmente”.
Il questionario è supportato da una scheda anamnestica uguale per tutte le età, al fine di integrare le informazioni riguardanti il bambino con quelle riguardanti il contesto familiare anche pre-gravidico.
Il questionario è anonimo, solo il proprio pediatra, attraverso un sistema di numerazione dei questionari, potrà avere accesso all’identità di ciascun assistito.
La presentazione dello studio è avvenuta oggi, mercoledì 7 febbraio, nel corso del convegno “La Rabbia che non si vede. Prevenire la psicopatologia in età infantile” introdotto da Giovanni Scambia, Direttore Polo Scienze della Salute della Donna e del Bambino della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, Professore Ordinario di Clinica Ostetrica e Ginecologica Università Cattolica, Pietro Ferrara, Giudice Onorario Tribunale per i minorenni, Presidente SIP Lazio, Giuseppe Mele, Presidente PAIDOSS Osservatorio Nazionale sulla Salute dell’Infanzia e dell’adolescenza.