Scuole pandemia: i risultati dello studio EuCare
Anche se si tende a non parlare più del COVID e dei rischi che ancora comporta soprattutto per i pazienti fragili, emergono in questa fase analisi e studi su quanto accaduto e sugli strascichi rimasti fino ad oggi. In particolare, lo studio internazionale EuCARE SCHOOLS ha analizzato migliaia di studenti e insegnanti in Italia, Portogallo e Messico per comprendere meglio le conseguenze di chiusure delle scuole, didattica a distanza e altre misure di contenimento prese durante la pandemia da Covid-19. I risultati offrono indicazioni preziose per gestire eventuali future emergenze sanitarie; questi dati saranno presentati nell’ambito di un discorso più ampio sul ruolo della scienza nella gestione di una pandemia venerdì 29 novembre a Roma presso l’Università IULM a Palazzo Cipolla, dalle 9:00 alle 18:00, alla presenza di decine di relatori provenienti da tutto il mondo. Si potrà accedere previo accredito. Tra i risultati più significativi, anche l’efficacia del “metodo Lolli”, i test salivari per diagnosticare il virus e identificare precocemente possibili cluster.
Il progetto EuCARE, finanziato dall’Unione Europea nell’ambito di Horizon Europe, coinvolge 27 partner in 4 continenti per un totale di quasi 10 milioni di finanziamento ed è guidato dal gruppo di ricerca italiano EuResist Network sotto la guida della responsabile Francesca Incardona (nella foto). Lo studio scuole, uno dei quattro studi principali del progetto, è coordinato dall’Università di Colonia e vede il coinvolgimento dello IEO di Milano, con la Prof.ssa Sara Gandini, del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell’Università del Salento con il Prof. Pier Luigi Lopalco, dell’Università Nuova di Lisbona e dell’Ospedale JGC in Messico, oltre che dello stesso EuResist Network e dell’associazione studentesca europea OBESSU. Con l’Imperial College di Londra è stata inoltre studiata l’esitazione vaccinale nei ragazzi
L’Italia ha dato un contributo notevole allo studio, con 16 scuole appartenenti a diverse aree geografiche (e oltre duemila tra studenti e insegnanti. L’iniziativa è nata per analizzare le penalizzazioni a cui sono state sottoposte le scuole durante il COVID, frutto di decisioni prese in assenza di forti evidenze scientifiche. EuCARE, primo grande studio randomizzato sull’epidemia da COVID-19 nelle scuole, oltre a identificare il test salivare come metodo rapido ed efficiente, ha analizzato la diffusione del virus nelle popolazioni scolastiche e l’impatto psicologico delle misure di contenimento; per l’Italia, grazie alla collaborazione con INVALSI, sono state approfondite anche le correlazioni psicologiche e la perdita di apprendimento degli studenti legate alle chiusure. Questi risultati costituiranno un punto di riferimento per la prevenzione e la programmazione in future emergenze sanitarie.
“Lo studio dimostra che dobbiamo e possiamo tutelare la scuola anche durante un’emergenza sanitaria, garantendo il diritto all’istruzione in sicurezza ed il rispetto del diritto dei minori a che le azioni che li coinvolgono siano sempre nel loro interesse – sottolinea Francesca Incardona, coordinatrice di EuCARE – Di fronte alle difficoltà emerse nella pandemia e alla scarsa attenzione rivolta alle esigenze degli studenti, con un team composto da virologi, medici, epidemiologi e statistici abbiamo sviluppato uno studio che ha conseguito diversi obiettivi: in merito al percorso del contagio nelle scuole, ha rilevato che la chiusura non ha influito molto, in quanto la diffusione del virus era legata all’andamento della pandemia in generale; gli effetti psicosociali e didattici sugli studenti sono stati molto negativi; lo screening salivare con il Metodo Lolli si è rivelato uno strumento diagnostico efficace e poco invasivo”.
“Per valutare l’impatto psicologico delle misure di prevenzione sono stati utilizzati dei questionari validati per misurare lo stato di salute mentale nei giovani, tenendo conto di aspetti emotivi, condotta a scuola, iperattività, relazioni tra compagni – evidenzia la Prof.ssa Sara Gandini – Questi aspetti sono stati analizzati per verificare la situazione psicologica dei giovani e capire come fossero stati condizionati dalle misure di prevenzione e dalle chiusure scolastiche. Si evince complessivamente un aumento dei sentimenti di tristezza e rabbia legati alla DAD, al distanziamento, alle mascherine. Tra gli studenti delle superiori, è emerso un disagio psichico a livelli di anormalità abbastanza elevati, oltre il 10%. Questo disagio aumenta al crescere dell’età e si modifica a seconda di specifiche realtà: oltre alle differenze tra i diversi Paesi, influiscono elementi come la durata del periodo di didattica a distanza e il livello socioeconomico e culturale delle famiglie. Per l’Italia abbiamo potuto constatare anche una perdita di apprendimento, che è significativa nel 2020 e 2021. Questo fenomeno è più accentuato nei ragazzi appartenenti a un livello socioeconomico meno abbiente, mentre il calo di apprendimento si riduce drasticamente nelle famiglie con un più elevato livello culturale, soprattutto della madre. Queste tendenze sono state accentuate dal fatto che l’Italia è stato il Paese con le scuole chiuse più a lungo”.
Il “Lolli-Methode” è stato ideato dall’Università di Colonia e implementato in circa 3700 scuole in Germania e in 400 scuole in Messico. È preciso, non invasivo e poco costoso. Nella prima fase i tamponi salivari di un’intera classe vengono analizzati tutti insieme con un test PCR. Se il risultato è negativo significa che non ci sono positivi; se invece è positivo, almeno uno degli alunni è positivo, così il giorno dopo si passa alla seconda fase: i tamponi salivari vengono analizzati singolarmente e vengono individuati i soggetti positivi.
“Questo studio ha permesso di trovare una maniera per garantire la frequenza a scuola in presenza di agenti patogeni pericolosi come il SARS-CoV-2 – afferma il Prof. Pierluigi Lopalco – Il metodo Lolli si esegue facilmente e rapidamente, con screening a tappeto che permettono di identificare precocemente eventuali cluster di diffusione virale e contenere i contagi. Durante la pandemia la burocrazia ha ostacolato la frequenza scolastica: anche quando sono diventati disponibili test rapidi per controlli a tappeto, per la riammissione a scuola erano necessari ulteriori passaggi, che a seconda delle diverse fasi potevano corrispondere a tamponi molecolari eseguiti presso centri specializzati e a certificazioni del pediatra, tanto che in alcuni casi le regioni hanno preferito chiudere le scuole piuttosto che intasare il sistema diagnostico. Questo progresso nella tecnologia diagnostica offre un approccio più semplice e apre nuove prospettive in futuro per favorire la frequenza scolastica. Per un’applicazione su vasta scala servirà poi una sinergia tra diverse forze: oltre alla collaborazione tra comunità scientifica e sistema sanitario, le istituzioni dovranno guidare il processo e le imprese produrre kit in quantità sufficienti”.
Ma la scuola è solo uno degli aspetti della questione più generale della gestione della pandemia, del ruolo della scienza nell’implementazione delle politiche, in particolare in una situazione di emergenza, quando le decisioni devono essere prese rapidamente, inizialmente anche con poche evidenze specifiche. La conferenza analizzerà con l’aiuto di alcune delle voci più influenti della ricerca e della divulgazione scientifica internazionale alcuni di questi temi. A partire da una rivisitazione delle scelte fatte e un’analisi metodologica su “l’evidenza dell’evidenza scientifica” si analizzerà il ruolo della ricerca nelle decisioni politiche, si metterà in discussione, in un confronto aperto, il ruolo dei modelli matematici nella gestione delle pandemie, l’evidenza sulle mascherine, verrà analizzato il ruolo del sistema di sorveglianza italiano, si presenterà un’analisi critica del discorso medico durante la pandemia e molto altro in un convegno altamente multidisciplinare.
Tra i principali relatori, oltre ai già citati: John Ioannidis, Professore di medicina ed epidemiologia alla Stanford University; Giuseppe Ippolito, Professore di malattie infettive alla Saint Camillus International University di Roma; Sunetra Gupta, professoressa all’Università di Oxford; Vittoria Colizza, direttrice di ricerca presso l’INSERM e specialista in modelli matematici di malattie infettive; Tom Jefferson, Ricercatore associato presso il Centre for Evidence-Based Medicine di Oxford; Andrea Miconi, sociologo e docente; Thomas Fazi, Giornalista e saggista. E poi rappresentanti di ISS, INVALSI, Municipi, scuole.
“Abbiamo voluto anche rappresentati delle scuole che hanno partecipato al progetto perché anche loro possano portare la propria esperienza e le proprie proposte, in una tavola rotonda con scienziati e rappresentanti delle istituzioni a cui il pubblico stesso, in sala e da casa, è invitato a partecipare” conclude Incardona, “perché la scienza è anche discussione”.