A Pisa un’equipe multidisciplinare ha effettuato ad agosto una procedura di donazione a cuore fermo “controllata”, in un donatore in coma irreversibile, utilizzando per la prima volta anche il cuore per la donazione, insieme agli altri organi. Il primo cuore donato con questa procedura in Italia fu trapiantato a Padova lo scorso anno dall’equipe del cardiochirurgo Gino Gerosa, cui poi sono seguiti altri casi in ospedali del nord, fino al caso di Pisa. Le donazioni a cuore fermo effettuate in Aoup e in pochi altri centri di eccellenza – dove si garantisce la funzionalità degli organi mediante ECMO prima del prelievo, limitando il danno ischemico con tecniche innovative di perfusione dei singoli organi prelevati per le quali il Centro trapianti di Pisa è all’avanguardia da tempo – hanno infatti sempre riguardato altri organi ma mai il cuore stesso, il cui prelievo a scopo di trapianto viene effettuato sempre a muscolo ancora battente in condizioni di morte encefalica accertata. In questo caso, poiché l’accertamento di morte non poteva essere effettuato con criteri neurologici, non essendoci le condizioni cliniche per dare inizio alla Cam e non potendo esserci neppure l’accertamento di morte cardiocircolatoria essendo il cuore ancora battente, i familiari, d’accordo con l’èquipe medica della Neurorianimazione dove il paziente era ricoverato e i professionisti del Coordinamento trapianti Aoup, hanno deciso di procedere a quello che prevede la legge 219/2017 sul fine vita, ossia la limitazione progressiva dei trattamenti rianimatori, cui è seguito l’arresto spontaneo del cuore. Tutto questo è stato possibile solo grazie al gesto straordinario di estrema generosità compiuto dai familiari del donatore, che hanno così ridato speranza concreta di vita ad altri pazienti in lista d’attesa per ricevere un organo.

L’eccezionalità dell’intervento, che ha un altissimo risvolto umanitario, è consistita nell’aver potuto prelevare, oltre agli altri organi, anche il cuore dopo i 20’ di osservazione di elettrocardiogramma piatto previsti dalla legge. Il cardiochirurgo padovano Gino Gerosa ha coordinato i colleghi nella complessa procedura che ha visto lavorare in sala operatoria più èquipe mediche per perfondere gli organi, prelevarli e poi effettuare i trapianti. Il cuore, dopo l’arresto di 20 minuti, una volta perfuso con l’ECMO ha presto ripreso l’attività contrattile, dimostrando di essere in condizioni ottimali per essere trapiantato. E’ stato quindi prelevato e trasportato a Padova dove è stato trapiantato. Il paziente che l’ha ricevuto è in buone condizioni generali e già dimesso dall’ospedale. Tutti i pazienti che hanno ricevuto i reni e il fegato trapiantati a Pisa, hanno avuto un decorso positivo.
“La legge italiana – spiega Gino Gerosa – per consentire l’espianto di organi dopo un arresto cardiocircolatorio, stabilisce che sia necessario registrare un elettrocardiogramma piatto per venti minuti. In altri paesi viene considerato sufficiente, per dichiarare la morte del paziente, un elettrocardiogramma piatto di cinque oppure dieci minuti; le linee guida statunitensi considerano addirittura impossibile effettuare con successo un espianto di cuore passati venti minuti dall’arresto cardiocircolatorio. Invece a Padova, nel 2023, per la prima volta al mondo, abbiamo dimostrato che ciò è possibile.”