I tumori usano un meccanismo neonatale per progredire grazie al ferro
Le cosiddette Treg sono cellule del sistema immunitario che, anziché combattere un cancro, lo aiutano a progredire, accumulandosi nel sito tumorale. Per moltiplicarsi, le cellule Treg hanno però bisogno di energia e di vari nutrienti. Tra le sostanze richieste c’è il ferro, un elemento vitale per tutte le cellule che si trovano nell’organismo, sia quelle che ci appartengono, sia quelle microbiche che costituiscono il microbiota. Il ferro è infatti coinvolto in molte reazioni metaboliche, tra cui quelle che avvengono all’interno dei mitocondri, le centrali energetiche delle cellule. Anche per questo il ferro ha un ruolo fondamentale sia nelle risposte immunitarie che ci proteggono dai tumori, sia nei processi deviati che aiutano il cancro a progredire.
Ma con quali meccanismi le Treg favoriscono la crescita di un tumore? Uno è stato svelato di recente in uno studio coordinato da ricercatori e ricercatrici dalla Sapienza Università di Roma e sostenuto da Fondazione AIRC, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista “JCI insight”. Gli scienziati e le scienziate guidati da Silvia Piconese, del Dipartimento di Medicina traslazionale e di precisione della Sapienza, hanno in particolare scoperto che le cellule Treg impegnate nella proliferazione tumorale sfruttano un meccanismo assolutamente fisiologico, attivo dalle prime settimane di vita dei neonati. Dopo la nascita si assiste a una vigorosa proliferazione di questo tipo di cellule, grazie all’apporto di ferro da parte della madre. Tale crescita è essenziale per uno sviluppo armonioso del neonato e per la sua salute immunologica.
Il tumore utilizza a proprio vantaggio questo meccanismo favorevole, selezionato nel corso dell’evoluzione. La ragione sta nel fatto che sia le Treg neonatali, sia quelle tumorali espongono sulla propria superficie il recettore per la cosiddetta transferrina, la principale proteina di trasporto del ferro nel sangue.
I ricercatori e le ricercatrici sono arrivati a questa scoperta studiando in laboratorio un sistema sperimentale, nel quale grazie a modifiche di ingegneria genetica le cellule Treg erano state private del recettore della transferrina. “Con nostra sorpresa – spiega Silvia Piconese – abbiamo scoperto che, prima che nel tumore, questo meccanismo aveva un ruolo nella vita dei neonati. All’inizio questa osservazione ci aveva scoraggiato perché il meccanismo che avevamo identificato non è specifico del tumore – continua Piconese –. In seguito, però, abbiamo capito che l’osservazione era comunque importante, perché voleva dire che il tumore usa a proprio vantaggio un meccanismo che è necessario alla nostra vita. La biologia, e l’immunologia in particolare, ci insegnano proprio questo: che nessuna cellula è di per sé “cattiva”, neanche le Treg che aiutano il tumore. Semplicemente, le Treg usano i meccanismi che nel corso dell’evoluzione si sono affermati come utili alla sopravvivenza della specie”, anche se a volte possono avere effetti secondari deleteri.
Dunque lo sviluppo delle cellule Treg, insieme alla possibilità di regolare la risposta immunitaria, dipendono anche dalla quantità di ferro disponibile. I dati hanno anche mostrato che, tra metabolismo e immunità, l’interazione è bidirezionale. La proliferazione delle Treg ha infatti un impatto sui livelli di ferro circolante. Questo a sua volta può cambiare la composizione del microbiota intestinale che dal ferro dipende, favorendo la possibile crescita di batteri dannosi.
Con questo studio i ricercatori e le ricercatrici hanno dimostrato che, quando le Treg non possono captare il ferro, il ferro si accumula in circolo. I batteri che vivono nell’intestino sono molto affamati di ferro. Se però di ferro ce n’è troppo, questo può favorire la crescita di batteri dannosi.
“Il nostro lavoro ha rivelato che le Treg dipendono dalla disponibilità di ferro. Questo implica che potrebbe essere possibile influenzare le funzioni di queste cellule modificando i livelli di ferro per esempio con la dieta o con farmaci specifici” commenta Ilenia Pacella, prima autrice dell’articolo.
Lo studio è stato condotto da un gruppo di ricerca internazionale coordinato dalla Sapienza Università di Roma, a cui hanno contribuito scienziati e scienzate dei Dipartimenti di Medicina traslazionale e di precisione, Medicina molecolare, Scienze cliniche internistiche, anestesiologiche e cardiovascolari, Materno infantile e scienze urologiche, con la collaborazione delle università di Palermo, Trieste, Tor Vergata, del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dell’Istituto Pasteur Italia – Fondazione Cenci Bolognetti, dell’Istituto Italiano di Tecnologia, del Cancer Research Centre di Lione, dell’IRCCS Regina Elena National Cancer Institute e dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia e con il sostegno di Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro.