Passi avanti nell’atassia spastica autosomica recessiva di Charlevoix-Saguenay
I ricercatori di Ospedale e Università San Raffaele, coordinati dalla dottoressa Francesca Maltecca, group leader dell’unità di ricerca Disfunzioni mitocondriali in neurodegenerazione dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, hanno individuato, in modelli preclinici, la causa molecolare della degenerazione dei neuroni di Purkinje in una rara malattia neurodegenerativa, la ARSACS.
La ricerca, appena pubblicata sulla rivista “JCI Insight”, dimostra inoltre come la somministrazione di Ceftriaxone, un farmaco già in uso come antibiotico, ma che ha un noto effetto neuroprotettivo, sia in grado di arrestare la neurodegenerazione e la neuroinfiammazione nel modello murino ARSACS interferendo con il meccanismo molecolare individuato dai ricercatori.
L’ARSACS, l’atassia spastica autosomica recessiva di Charlevoix-Saguenay, è una malattia neurodegenerativa ad insorgenza pediatrica, caratterizzata da problemi di coordinazione motoria ed equilibrio, spasticità e neuropatia periferica.
La malattia è stata inizialmente identificata in Québec in Canada, dove la prevalenza è estremamente alta, ma ad oggi più di 200 mutazioni nel gene SACS sono state identificate in tutto il mondo, rendendo ARSACS la seconda atassia recessiva più diffusa dopo l’atassia di Friedreich.
Il gene SACS codifica per sacsin, una proteina di dimensioni enormi a funzione ancora ignota, altamente espressa nei neuroni di Purkinje, alcuni dei più grandi neuroni del cervello umano, situati in particolare nel cervelletto, che regolano i movimenti complessi e coordinati.
I pazienti ARSACS, così come i modelli murini, mostrano una degenerazione precoce dei neuroni di Purkinje. Ad oggi, la causa molecolare di ARSACS non è compresa e non esiste una terapia.
In questo studio, attraverso approcci combinati in vivo ed ex vivo, i ricercatori hanno indagato i meccanismi che portano alla degenerazione dei neuroni di Purkinje in ARSACS e, sulla base di questo, hanno testato il primo trattamento farmacologico nel modello murino della malattia.
Afferma la dottoressa Maltecca: “Abbiamo scoperto che sacsin regola alcune specifiche proteine del citoscheletro, in particolare quelle deputate al movimento di alcuni organelli cellulari. Quando sacsin è disfunzionale o assente, c’è una grave deregolazione del trasporto degli organelli nei neuroni di Purkinje e questo causa un’alterazione patologica dell’omeostasi del calcio. In aggiunta, studi combinati di proteomica e trascrittomica hanno rivelato la deregolazione di proteine coinvolte nella regolazione del calcio nel cervelletto dei topi malati”.
Sulla base di questa cascata patogenetica, i ricercatori hanno somministrato ai modelli murini di ARSACS il Ceftriaxone, un farmaco neuroprotettivo che riduce i flussi di calcio nei neuroni Purkinje.
“Il trattamento si è dimostrato efficace: abbiamo osservato miglioramenti significativi delle prestazioni motorie dei topi sia in fase pre- che post-sintomatica. Abbiamo correlato questo effetto con una ripristinata omeostasi del calcio, che arresta la degenerazione dei neuroni Purkinje e attenua la conseguente neuroinfiammazione. Questi risultati rivelano nuovi passaggi chiave nella patogenesi dell’ARSACS e supportano ulteriormente l’ottimizzazione del farmaco Ceftriaxone in ambito preclinico e clinico per il trattamento dei pazienti ARSACS”, afferma la dottoressa Maltecca.
Attualmente il trattamento della malattia è solo sintomatico e si focalizza sul controllo della spasticità attraverso la fisioterapia, la farmacoterapia e l’uso di protesi anca-piede. Ospedale San Raffaele insieme all’IRCCS Stella Maris di Pisa sta conducendo uno studio di storia naturale della malattia nei pazienti ARSACS supportato dal Ministero della Salute, per tracciare meglio la progressione della malattia in previsione di futuri trials clinici.
“Ci auguriamo di continuare su questa strada. I prossimi passi della ricerca riguarderanno ulteriori approfondimenti dei nuovi dati ottenuti per identificare altri target terapeutici e l’ottimizzazione del Ceftriaxone in trials preclinici”, conclude la ricercatrice.