L’esperienza del Centro Maria Letizia Verga di Monza nella cura delle leucemie nei bambini arriva in Guatemala grazie a un nuovo progetto di formazione del personale medico locale, avviato lo scorso giugno, che porterà all’avvio della prima unità di trapianto di cellule staminali ematopoietiche pediatriche presso l’Unidad Nacional de Oncologìa Pediàtrica, a Città del Guatemala.

L’unità di trapianto porterebbe a migliorare drasticamente la prognosi dei bambini affetti da patologia onco-ematologica.

Nel 2018, in Guatemala, sono stati curati 479 bambini malati di cancro e, nonostante negli ultimi 30 anni sia stato intrapreso un importante sforzo per migliorare il tasso di diagnosi e sopravvivenza globale dei pazienti affetti da tumore, permane ancora un’esigenza medica insoddisfatta per alcune categorie di pazienti. Tra questi, quelli affetti da leucemie linfoblastiche acute ad alto rischio, leucemie mieloidi acute, leucemie recidivanti, linfomi recidivanti e refrattari, neuroblastomi ad alto rischio, anemia aplastica, e che potrebbero ricevere una speranza di guarigione con l’avvio dell’unità di trapianto.

Marta Verna, medico del Centro Maria Letizia Verga e responsabile del progetto in Guatemala commenta: “Nell’ambito della riduzione globale della mortalità per cancro infantile gioca un ruolo importante la possibilità di offrire ai pazienti il trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Risponde a questo obiettivo il progetto del Centro Maria Letizia Verga presso l’Unidad Nacional de Oncologìa Pediàtrica, a Città del Guatemala che porterà all’avvio di un’unità di trapianto di cellule staminali ematopoietiche con l’obiettivo di rendere il Paese completamente autonomo in questa attività così complessa”.

Concluso il training dei medici il Centro sarà pronto ad eseguire il primo trapianto di cellule staminali del Paese, diventando un riferimento per tutti gli altri Paesi dell’America Centrale.

Il gruppo di lavoro della Children Global Medicine è coordinato da Marta Verna, Marta Canesi, Valentino Conter e Attilio Rovelli, grazie al supporto professor Andrea Biondi, e si avvale della collaborazione di medici, infermieri e biologi della Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma, dell’Ospedale San Gerardo e del Centro di Ricerca Tettamanti.

Il team ha adottato una metodologia consolidata, basata sul ‘capacity building approach’. Il progetto in Guatemala è infatti la terza iniziativa di cooperazione internazionale della ‘Children Global Medicine’ portata avanti da Monza, dopo le esperienze in Kurdistan e Paraguay.

Marta Verna prosegue: “Quello che adottiamo in tutte le nostre missioni si chiama ‘capacity building approach’ ed è un approccio che ha l’obiettivo di migliorare le competenze dei medici e ottimizzare l’uso delle risorse locali. Una missione così ambiziosa può essere possibile solo attraverso la creazione di una rete di formazione, educazione, scambio di competenze tra operatori, attraverso un metodo misto che prevede sia affiancamento in loco, sia una formazione continua a distanza. In questo modo ci siamo affiancati all’équipe del Guatemala che è stata capace di accoglierci e partire insieme a noi in questo grande progetto”.

Con il ‘capacity building approach’ si punta ad ottimizzare le risorse in loco attraverso l’affiancamento dei medici nella loro attività clinica, ovvero il ‘training on the job’, la creazione di un manuale completo di procedure operative, la codifica di un albero di responsabilità. Il percorso trapiantologico è un sistema complesso che può essere eseguito in sicurezza solo se ne è garantito il controllo di qualità e necessita di alcuni prerequisiti essenziali che genericamente sono affrontabili solo dai paesi a medio sviluppo. Recenti lavori pubblicati riportano come sia possibile iniziare un’attività di trapianto anche se non si possiede ancora tutto il corteo di strumentazioni, farmaci e competenze di un centro altamente specializzato.

Attraverso un lavoro di attribuzione di uno score di importanza alle singole voci relative al percorso trapiantologico da parte di una commissione di esperti del Worldwide Network for Blood and Marrow Transplantation si sono potuti evincere i prerequisiti essenziali alla start up: la presenza di uno staff preparato, di una banca del sangue sicura che abbia la possibilità di irradiare i prodotti e di un laboratorio di manipolazione cellulare, di un laboratorio in grado di eseguire la tipizzazione dello Human Leukocyte Antigen e infine la disponibilità di alcuni farmaci essenziali per il condizionamento, la profilassi e la terapia della Graft-Versus-Host Disease, la complicanza che si osserva nei pazienti sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche.