Le malattie cardiovascolari, in Italia, sono le patologie più diffuse e colpiscono circa 5,5 milioni di persone, poco meno di una persona su 10; queste patologie sono la prima causa di ricovero ospedaliero e sono ancora la principale causa di morte, rappresentando quasi il 36% di tutti i decessi. Uno stile di vita sano, controlli costanti e strumenti tecnologici possono fare la differenza e invertire la rotta nella presa in carico dei pazienti affetti da queste patologie. Questo è quanto è emerso da una rilevazione civica condotta da Cittadinanzattiva Lombardia su pazienti e strutture sanitarie della Regione, che ha fotografato lo stato dell’arte della presa in carico del paziente con patologie cardiovascolari, in particolare nel post evento acuto. I risultati dell’indagine sono stati presentati in occasione dell’evento “Questioni di cuore – La gestione del paziente cardiovascolare in Regione Lombardia: dalla presa in carico del paziente al percorso assistenziale post evento acuto” organizzato da MAPCOM Consulting, con il contributo non condizionato di Amgen Italia, che è stato anche l’occasione per confrontarsi con tutti gli attori di sistema a livello regionale e per identificare possibili soluzioni per la strutturazione di politiche sanitarie e di presa in carico più adeguate.

“In Lombardia ogni anno si contano circa 99.000 decessi e 130.000 ricoveri ospedalieri per eventi cardiovascolari. Un dato allarmante che dà la misura di come ci si trovi di fronte ad un evento in crescita costante. È per questo importante agire in termini di prevenzione, sensibilizzando la popolazione sulla diagnosi precoce e sui corretti stili di vita. – ha dichiarato Emanuele Monti, Presidente della Commissione Sanità e Politiche Sociali della Lombardia. – Molto importanti saranno le strutture sanitarie territoriali che sorgeranno in adempimento alla revisione della legge sanitaria regionale, di cui sono relatore, che guideranno il paziente nel percorso di cura post-ospedaliero.” L’analisi di Cittadinanzattiva si è basata sull’esperienza diretta di un campione di pazienti lombardi a medio-alto rischio cardiovascolare, rispetto al percorso assistenziale post evento acuto e sulle politiche aziendali messe in atto dalle strutture lombarde che hanno aderito alla rilevazione. L’80% degli intervistati ha dichiarato di non essere mai stato coinvolto in un programma di informazione sul rischio cardio-cerebrovascolare rivolto alla popolazione indistinta. Questo indica la necessità di maggiore attenzione e maggiori investimenti nei programmi di prevenzione primaria e secondaria, che infatti si attesta intorno al 40-45%. L’innovazione, sia farmaceutica che tecnologica, risulta essere ancora poco conosciuta dai pazienti, che per il 68% hanno dichiarato di non aver ricevuto informazioni su terapie innovative, né di essere stati inseriti in programmi di e-HEALTH. Ciò ha un significativo impatto sull’aderenza terapeutica, fortemente compromessa dalla disinformazione e dalle difficoltà logistiche dovute alla pandemia. Infine, un ultimo focus sulla territorialità che, con lo scoppio della pandemia, ha mostrato molte criticità, soprattutto in termini di continuità assistenziale e monitoraggio. Il 63% degli intervistati ha dichiarato, infatti, di aver avuto difficoltà ad effettuare visite ed esami di laboratorio nel periodo Covid e oltre il 90% dichiara di non aver avuto accesso a strumenti di teleconsulto e telemedicina per il monitoraggio dei target lipidici e pressori.

“I dati emersi dalla rilevazione che abbiamo effettuato forniscono spunti molto utili in ottica di miglioramento della presa in carico dei pazienti cardiovascolari. – ha evidenziato Paola Pelliciari, portavoce dell’area salute di Cittadinanzattiva Lombardia – Regione Lombardia sta lavorando ad una riforma della sanità regionale che mi auguro preveda una maggiore capillarità dell’assistenza e una più chiara strutturazione dei percorsi di presa in carico in un’ottica di interoperabilità ospedale – territorio. Accanto a ciò ritengo però necessaria una sinergia di tutti gli attori coinvolti nella presa in carico dei pazienti affinché si lavori alla corretta comunicazione dell’importanza della prevenzione in tutti i suoi aspetti. Penso ad una corretta comunicazione del rischio e della sua percezione nei cittadini e nei pazienti; o ancora alla comunicazione dell’innovazione e del suo valore in ottica di appropriatezza della cura e migliore aderenza terapeutica. Infine, credo che possa essere d’aiuto anche una specifica attività di formazione degli operatori sanitari in merito alle tecniche e alle terapie innovative.”
L’area sulla quale risulta più urgente un intervento è quella della prevenzione, soprattutto secondaria, che riguarda coloro che hanno già subìto un evento cardiovascolare. Per questa categoria di pazienti è fondamentale mantenere un livello di attenzione adeguato sui corretti stili di vita da seguire e porre l’accento sul controllo del colesterolo LDL, che non è da considerare solo un fattore di rischio, ma spesso la causa stessa della malattia, perché responsabile del meccanismo che porta all’ostruzione delle arterie e quindi all’infarto. La crisi sanitaria ha imposto una battuta d’arresto in questo ambito, ma ora c’è la possibilità di mettere in atto interventi, mirati al miglioramento dei percorsi di prevenzione secondaria. “La pandemia ha portato ad un ritardo piuttosto esteso delle cure del paziente cardiovascolare e inevitabilmente ad un’ulteriore difficoltà, già preesistente, di raccordo tra ospedale e territorio. – ha dichiarato Fabrizio Oliva, Direttore S.C. Cardiologia 1- Emodinamica -Unità di Cure Intensive Cardiologiche ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda Cà Granda, Milano – Ritengo pertanto che sia opportuno compiere tutti gli sforzi necessari per avere una maggiore interazione tra ospedale e territorio, inteso non solo come medicina generale, ma anche come strutture intermedie che facilitino la sinergia tra struttura centrale e strutture periferiche. Tutto ciò potrà essere favorito anche dall’utilizzo di strumenti di telemedicina e teleconsulto che accorciano le distanze fisiche e garantiscono comunque una buona assistenza.”

Dal punto di vista della sostenibilità, le difficoltà esistenti nel passaggio tra ospedale e territorio e la mancata implementazione di percorsi assistenziali strutturati generano un problema organizzativo, che spesso si traduce in costi aumentati o costi non appropriati. Inoltre, a monte, la scarsa realizzazione di percorsi di prevenzione, sia primaria che secondaria, si traduce in costi più elevati sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista dei decessi e dei casi di eventi acuti. “L’eccesso di costo, di fatto, è una conseguenza della scarsa prevenzione e organizzazione. – ha affermato Davide Croce, Direttore Centro sull’ Economia e il Management nella Sanità, LIUC Business School. – Il problema irrisolto è innanzitutto di tipo organizzativo e di effettiva presa in carico tra specialista ospedaliero e/o territoriale e MMG. Inoltre, c’è una grande difficoltà legata alla prevenzione e alla sua mancata implementazione che provoca una casistica elevata di eventi acuti e di conseguenza un certo numero di decessi. Affinché il sistema diventi davvero sostenibile è necessario, dunque, lavorare sull’organizzazione, intesa non solo come chiarezza di percorsi, ma anche come appropriatezza del trattamento farmacologico.”