La chiamano “nebbia cognitiva”, il senso di confusione mentale che molti pazienti avvertono nella fase a lungo termine post Covid.

Proprio sulla correlazione tra tali sintomi e l’infezione da Covid, si basa CogniCovid, lo studio della Asl Toscana sud est, coordinato a livello nazionale dai professionisti dell’Area dipartimentale Medicina fisica e riabilitazione in collaborazione con il Dipartimento di Salute Mentale, insieme alla Fondazione Poliambulanza di Brescia, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena e la Clinica di Riabilitazione Toscana di Montevarchi.

Lo studio, approvato dal Comitato etico scientifico aziendale, nasce dall’osservazione, negli ultimi mesi del 2020, di alcuni pazienti ex Covid, con interessamento dell’apparato respiratorio, che lamentavano disturbi della sfera cognitiva senza avere una patologia neurologica. In particolare, riportavano difficoltà nella concentrazione, nel ricordare informazioni nel breve periodo, disorientamento e stanchezza mentale. Dato che la presenza di queste criticità può persistere anche per molti mesi dopo la malattia e visto l’impatto negativo sulla vita sociale e lavorativa, gli specialisti della Sud Est hanno ritenuto opportuno approfondire la questione attraverso uno studio.

Il “reclutamento” dei pazienti target dello studio è partito ad aprile scorso ma il team dei professionisti ha già iniziato a sottoporre ad alcuni di loro dei test neuropsicologici per analizzare funzioni cognitive come attenzione, linguaggio, memoria e aspetti legati al tono dell’umore con specifici test neuropsicologici e un questionario creato ad hoc sul vissuto emotivo legato alla situazione pandemica. Le persone rientrare nello studio e già valutate a oggi sono 14.

In linea con i dati disponibili in letteratura scientifica, i pazienti coinvolti sino a oggi mostrano problemi cognitivi che più frequentemente interessano la capacità di attenzione e di agire, cui si associano forte senso di stanchezza, fisica e mentale, un alterato stato dell’umore, ansia e depressione. Si conferma quindi il nesso tra i due aspetti indagati.

Lo studio prosegue con l’obiettivo di qualificare con esattezza i tipi di compromissione cognitiva per poi prevedere un progetto riabilitativo e un eventuale supporto farmacologico. La fase della riabilitazione prevede una serie di esercizi che i pazienti sono chiamati a svolgere, di diversa tipologia a seconda dell’aspetto che si vuole trattare, che sia l’attenzione per cui vengono proposte attività che richiedono l’attivazione di diversi livelli o la memoria per cui si insegnano tecniche mnemoniche.

“La portata innovativa dello studio, rispetto alle indagini condotte finora, risiede proprio nella scoperta di effetti a lungo termine in pazienti che durante la malattia hanno mostrato esclusivamente conseguenze respiratorie, mentre dopo la guarigione mostrano effetti sulla sfera cognitiva, difficili da correlare al Covid perché apparentemente indipendenti” – spiega il dottor Mauro Mancuso, direttore UOC Recupero e riabilitazione funzionale – Area grossetana.