Una ricerca realizzata dal Manibus Lab del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino e dalla Neonatologia universitaria dell’ospedale Sant’Anna della Città della Salute, in collaborazione con il MySpace Lab del Department of Clinical Neurosciences dell’Università di Losanna ed il Center for Neural Science della New York University, dimostra per la prima volta come i neonati siano in grado di associare stimoli sensoriali di modalità differenti e di distinguere se la sorgente di questi stimoli è vicina o lontana dal loro corpo, dimostrando così di possedere una prima forma di codifica dello spazio

L’8 marzo è stato pubblicato, sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale “Proceedings of the National Academy of Sciences”, l’articolo intitolato “Spatial tuning of electrophysiological responses to multisensory stimuli reveals a primitive coding of the body boundaries in newborns”.

Lo studio internazionale dimostra che pochi giorni di vita per un neonato sono sufficienti per sviluppare una integrazione multisensoriale efficiente. Nella vita di tutti giorni essere in grado di integrare stimoli sensoriali di modalità differenti in un evento coerente è un’abilità fondamentale, come ad esempio associare una voce ad un viso noto o ricollegare il suono della sirena all’immagine di una ambulanza in arrivo.

Per la prima volta, grazie all’elettroencefalografia è stato possibile misurare il correlato neurale di questo fenomeno. Con lo scopo di studiare come si sviluppa la rappresentazione dello spazio che circonda il corpo, è stato costruito un paradigma multisensoriale composto da stimoli uditivi (singoli suoni) che potevano occorrere vicino o lontano dal corpo e da stimoli tattili dati sul dorso della mano destra. Ciascuno stimolo poteva essere somministrato in isolamento o associato ad un altro. È stato osservato che i neonati non solo sono in grado di associare un suono ad un tocco in maniera efficace, ma che le risposte neurali osservate permettono anche di distinguere se il suono viene dato vicino o lontano dal corpo del bimbo. Questo risultato suggerisce che a poche ore dalla nascita i neonati siano in grado di identificare il loro corpo come un’entità separata dal mondo esterno e di possedere una prima forma di codifica dello spazio.

“Questo risultato è importante perché per la prima volta chiarisce che, a differenza di quanto accade per altri mammiferi per cui si osserva un lento sviluppo dell’integrazione multisensoriale dopo la nascita, i neonati umani sono già in grado di associare un suono ad un tocco a poche ore di vita”, ha dichiarato Francesca Garbarini, Professoressa di Psicobiologia e Coordinatrice del Manibus Lab del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino. “Questo potrebbe essere dovuto alla lunga e ricca fase di gestazione che potrebbe aver già preparato l’emergere di questo meccanismo alla nascita. Inoltre, le risposte neurali osservate mostrano che il bambino è in grado di distinguere se il suono viene dato vicino o lontano dal suo corpo. Questo aspetto rappresenta un prerequisito fondamentale per sviluppare i comportamenti difensivi, ma anche meccanismi relazionali.”

“Questa scoperta non fa che riaffermare l’importanza delle interazioni, della presenza di un ambiente sensoriale ricco di stimoli e delle relazioni sociali nei primi giorni di vita: il breve momento in cui questo meccanismo di integrazione multisensoriale si sviluppa”, ha aggiunto Irene Ronga, Ricatrice del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino e primo autore dello studio. “L’effetto descritto nel lavoro, se confermato da studi futuri, potrà rappresentare un possibile biomarker di sviluppo neurologico tipico le cui alterazioni potrebbero contribuire al riconoscimento precoce di eventuali anomalie dello sviluppo”.

“Si pensava in passato che l’attività cerebrale dei neonati fosse sottocorticale, basata su fenomeni riflessi. Lo studio ha confermato come i neonati abbiano, fin dalle prime ore di vita, straordinarie capacità nel riconoscere gli stimoli provenienti dall’esterno, che oggi sappiamo possono plasmare lo sviluppo cerebrale già in queste fasi molto precoci della vita e, chissà, forse anche nel periodo fetale” dice Enrico Bertino, Direttore della Neonatologia universitaria della Città della Salute di Torino, che insieme alla dottoressa Cristina Perathoner ha curato la parte clinica della studio. “Aiutare in modo favorevole la plasticità cerebrale, massima al momento della nascita, è il prerequisito per un favorevole sviluppo evolutivo e la costruzione di una futura capacità di relazione sociale. Particolare attenzione quindi, anche nell’era Covid, va posta nel salvaguardare la vicinanza e le favorevoli relazioni precoci madre / neonato / famiglia in questo periodo estremamente critico”.