Che i trattamenti robotici siano efficaci nella riabilitazione motoria – almeno quanto i trattamenti tradizionali, se non in qualche caso superiori – è stato ampiamente dimostrato da studi e ricerche. Il tassello mancante riguardava gli effetti della robotica sulle funzioni cognitive, in particolar modo nei pazienti con esiti da ictus.
Il nuovo contributo arriva dallo studio condotto su 51 pazienti assistiti nei Centri “Don Gnocchi” di Roma e Rovato (Bs) da un team di ricercatori coordinati da Irene Aprile, responsabile del Gruppo di Riabilitazione Robotica e Tecnologica della Fondazione, che sarà pubblicato sulla rivista “Frontiers in Neurology”.

«Con questa ricerca – spiega la dottoressa Aprile – apriamo un nuovo filone di indagine negli ambiti di trattamento della robotica. Fino a questo momento abbiamo utilizzato questi dispositivi solo dal punto di vista della riabilitazione motoria degli arti superiori, ma visti gli scenari proposti, molto vicini ad ambiti della vita quotidiana e l’engagement che queste macchine riescono a produrre sui pazienti, abbiamo pensato di misurare i miglioramenti anche dal punto di vista cognitivo».

Ai pazienti che hanno partecipato allo studio sono stati somministrati alcuni test sulla memoria, l’attenzione, la capacità di pianificazione e le abilità visuo-spaziali.
Il tutto ha permesso di ottenere valutazioni neuropsicologiche molto rigorose per misurare le capacità cognitive che solitamente, in seguito a un ictus, vengono spesso lesionate e che possono compromettere l’autonomia del paziente.

Lo studio ha permesso di evidenziare un netto miglioramento delle funzioni cognitive. In pratica, è successo che, oltre a lavorare sulle funzioni motorie, i dispositivi robotici hanno agito positivamente sulle funzioni cognitive.
«I dispositivi robotici sono stati concepiti inizialmente per lavorare solo sui movimenti – aggiunge la dottoressa Aprile –. Negli anni abbiamo visto un’evoluzione molto spinta con l’impiego della realtà virtuale e la riproposizione di scene e ambientazioni che riproducono la vita di tutti i giorni. La macchina richiede al paziente uno sforzo cognitivo in più, come riconoscere un oggetto rispetto ad altri, afferrarlo in modo corretto, dargli la giusta collocazione, fare un semplice calcolo o ragionamento. Esercizi che stimolano le facoltà intellettive, non solo quelle motorie, e questo è un valore aggiunto che solo un dispositivo robotico può offrire, purché ovviamente sia personalizzato sulle esigenze e le caratteristiche del paziente e utilizzato da operatori esperti».

Personalizzazione del trattamento e grande lavoro di squadra… allargata, visto che oltre al medico, all’ingegnere e al fisioterapista, questa volta sono intervenuti nel programma riabilitativo anche il logopedista, il neuropsicologo e il terapista occupazionale.
Ancora una volta, la macchina diventa strumento in più nelle mani degli operatori per migliorare le prestazioni e offrire trattamenti ancora più efficaci, «anche se lo studio – conclude la dottoressa Aprile – non misura l’efficacia della robotica rispetto alle metodologie tradizionali, ma ne valuta “semplicemente” gli effetti», aprendo tuttavia la strada a ricerche ancora più mirate e approfondite, vista la scarsità di lavori pubblicati sull’argomento.