Che cosa è il glutine? Che cosa è la celiachia e quali sono i numeri dei soggetti colpiti nel mondo? Chiarire le distinzioni tra sensibilità al glutine e al grano e puntare alla trasmissione di un forte messaggio di consapevolezza sulla malattia celiaca. Questi alcuni degli obiettivi che animano gli organizzatori del Convegno Nazionale Celiachia e altri disordini Glutine Correlati: Update 2020, che si tiene a Milano giovedì 6 e venerdì 7 febbraio 2020 all’Università degli Studi di Milano, presso il Centro Congressi Casa Cardinale Ildefonso Schuster, in via Sant’Antonio, a pochi passi dall’ingresso della Statale.

Nella cornice di Casa Cardinale Schuster, promosso dal Centro per la prevenzione e diagnosi della malattia celiaca della Fondazione IRCCS Cà Granda ospedale Maggiore Policlinico di Milano, il Convegno, con il Patrocinio della Regione Lombardia, è diretto dal Prof. Maurizio Vecchi Docente di Gastroenterologia all’Università di Milano e dal dott. Luca Elli, Resposabile Centro Celiachia, Fondazione IRCCS Cà-Granda di Milano. La dieta priva di glutine e a bassi Fodmap, la malattia celiaca refrattaria e le possibili terapie per un corretto approccio sono i temi al centro della speculazione degli oltre 550 specialisti tra gastroenterologi, internisti, biologi, nutrizionisti, dietisti, psicologi e infermieri e operatori sanitari che partecipano a questa iniziativa di alto valore scientifico e divulgativo con l’intento di fare chiarezza.

Negli ultimi anni si è assistito a un incremento dei pazienti con malattia celiaca e disordini glutine correlati. Contestualmente vi è un susseguirsi di pubblicazioni scientifiche che hanno radicalmente cambiato sia la fase diagnostica che di controllo di questo tipo di patologie. Per queste ragioni vi è una intensa richiesta di aggiornamenti tecnici e puntuali riguardo questo tipo di disordini e la loro gestione da parte dei diversi specialisti coinvolti. Lo scopo di questo convegno è quello di fornire un aggiornamento riguardo le ultime novità scientifiche e fornire gli strumenti conoscitivi per una loro integrazione nella quotidianità clinica.

“I numeri della celiachia parlano da soli: 600mila i casi evidenziati dagli screening, pazienti in cospicuo aumento e sommerso in costante impennata – sottolinea il Prof. Maurizio Vecchi (nella foto), Direttore del Convegno e direttore dell’Unità operativa di gastroenterologia del Policlinico del capoluogo lombardo – Sono infatti oltre 400mila i pazienti che oggi rappresentano la porzione nascosta di questa malattia autoimmune “accesa” dal glutine e segnata da difficoltà diagnostiche. Un quadro che la scienza sta modificando: sia per la definizione precoce della patologia, sia per il controllo della stessa. A fronte dell’incremento della malattia celiaca – prosegue Vecchi – assistiamo a una forte spinta scientifica che sta radicalmente cambiando sia la fase diagnostica che di controllo di questo tipo di patologie. Da qui, l’intensa richiesta di aggiornamenti tecnici: serve più conoscenza e un approccio multidisciplinare per gestire al meglio la malattia celiaca nella quotidianità clinica”.

“La malattia celiaca – spiega il professor Vecchi – può essere contraddistinta da paradigmi aspecifici e asintomatici. Da qui, il problema delle diagnosi sfuggenti. Alle prime avvisaglie sospette – come diarrea persistente e gonfiori addominali costanti, anemia e difficoltà di assorbimento delle vitamine – ci si dovrebbe sottoporre al test. La celiachia è forse l’unica malattia che, attraverso dei marcatori sierologici, ci permette di arrivare a una diagnosi certa al 99%. La lotta al sommerso parte proprio da qui, dall’aderenza al test. Soprattutto per tutti quei soggetti geneticamente predisposti”.

Dalla celiachia non si guarisce. “Ma ci si può convivere bene – continua il professor Vecchi – Se fino ad ora l’unica terapia disponibile è la dieta libera da glutine, sono in corso ricerche che mirano ad alleggerire il peso di una quotidianità alimentare rigida e con un peso economico rilevante. Oggi si sta infatti tentando di modificare la risposta immune dei pazienti e di manipolare il glutine assunto. E a breve arriveranno in tal senso sperimentazioni cliniche sull’uomo. Un panorama in continua evoluzione che richiede aggiornamenti attivi, come quelli che offriamo con il convegno”.

Per ogni italiano che soffre di celiachia certificata ce ne sono almeno 30 che consumano alimenti privi di glutine pur senza averne bisogno, con un possibile rischio per la salute e una spesa “inutile” – secondo le ultime stime – pari a complessivi 105 milioni di euro. “Le cosiddette intolleranze che seguono le mode – conferma il clinico – non sono scientificamente provate. E si rischia la confusione. Ci si deve invece concentrare su chi, pur non presentando marcatori genetici e sierologici attinenti la celiachia, sta male se assume cibi con glutine. Si tratta di disturbi glutine correlati dove il limite psicologico e quello organico può essere davvero molto sottile e difficile da individuare. Un campo, compreso quello che mette in relazione l’alterazione del microbiota intestinale con l’insorgenza della celiachia, ancora tutto da esplorare e che merita più attenzione”.

Che l’aderenza alla dieta priva di glutine rappresenti un ostacolo nella gestione della malattia da parte del paziente è ben concepibile. Tant’è che, fino ad oggi, ha rappresentato uno scoglio anche per i clinici. Ora però gli specialisti hanno a disposizione un nuovo strumento. “Si tratta di un test – conclude il professor Vecchi – che è in grado di dirci il livello di detezione del peptide del glutine nelle urine e nelle feci dei pazienti. E, dunque, ci permette il monitoraggio reale e costante della malattia, apportando laddove necessario le giuste correzioni. Ma anche di scoprire se il paziente ha assunto in modo volontario o meno sostanze proibite. La gestione della patologia passa anche da qui, da quelle azioni di controllo in grado di prevenire danni istologici intestinali”.