Oggi, chi fa un trapianto d’organo ha il 90% di probabilità di stare bene a un anno dall’intervento chirurgico. I risultati a lungo termine non sono però così buoni. Questo perché i farmaci antirigetto usati adesso hanno eliminato quasi del tutto il rigetto acuto.

Tuttavia questo tipo di farmaci non sono in grado di contrastare quello che i medici chiamano: rigetto cronico, ovvero una forma di danno progressivo all’organo che si manifesta negli anni e porta pian piano alla perdita della funzione del rene. E così si deve fare un altro trapianto o, nel caso del rene, tornare alla dialisi.

I risultati delle ricerche condotte all’Istituto Mario Negri hanno dimostrato che è possibile evitare la crisi di rigetto dell’organo trapiantato senza dover utilizzare farmaci. Si sfrutta invece la particolarità di alcune cellule del sistema immunitario, dette “regolatrici”.

Le cellule regolatrici sono in grado di limitare la reazione di rigetto; negli animali è stato, infatti, dimostrato che una singola iniezione di cellule staminali è in grado di evitare il rigetto del trapianto di cuore o di rene.

Questi studi hanno aperto la strada all’attuale sperimentazione nell’uomo. Dati preliminari hanno mostrato che nei pazienti con trapianto di rene che ricevono un’infusione di cellule staminali, si ha una riduzione dell’attività delle cellule del sistema immunitario, responsabili delle crisi di rigetto.

La procedura è sicura, non comporta rischi per il paziente e ha permesso di ridurre e, in alcuni casi, di sospendere i farmaci antirigetto.

Presso l’Istituto Mario Negri, sono attualmente in corso studi clinici di terapia cellulare con cellule staminali su un maggiore numero di pazienti con trapianto di rene e/o di fegato. Lo scopo è identificare sia i meccanismi di azione delle cellule staminali che i parametri immunologici in grado di stabilire se è stato raggiunto uno stato di “tolleranza” al trapianto e, quindi, poter ridurre l’uso dei farmaci antirigetto.