Buone notizie per tutte le persone colpite da Rettocolite Ulcerosa, una patologia cronica dell’intestino dai sintomi dolorosi e debilitanti, con un impatto fortissimo sulla qualità di vita di chi ne è affetto. Uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale “New England of Medicine” dimostra l’efficacia di un nuovo farmaco, già usato nel trattamento della Malattia di Crohn, nel mantenere uno stato di remissione clinica in pazienti con colite ulcerosa da moderata a grave rispetto ai pazienti trattati con placebo.

La rettocolite ulcerosa è una malattia caratterizzata da un’infiammazione dell’intestino che colpisce sempre il retto, ma che può estendersi anche al resto del colon. Questa malattia è caratterizzata dall’alternarsi di episodi acuti seguiti da periodi di remissione clinica e gli obiettivi principali alla base della terapia medica sono spegnere l’infiammazione che scatena i sintomi e mantenere la remissione a lungo termine. “I trattamenti che possono aiutare a prevenire la riacutizzazione dei sintomi e consentire alle persone di andare avanti con la propria vita sono estremamente importanti. Lo studio dimostra l’efficacia del farmaco nel raggiungere la remissione a lungo termine, oltre a fornire altri risultati significativi in termini di sicurezza, di risposta e miglioramento endoscopico ed istologico” – spiega il professor Silvio Danese, tra gli autori dello studio, responsabile del Centro Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali di Humanitas, coordinatore di Humanitas Immuno Center e docente di Humanitas University.

Il farmaco è stato valutato in uno studio di induzione iniziale di otto settimane, seguito da uno studio di mantenimento di 44 settimane, dimostrando l’efficacia come opzione terapeutica per i pazienti con Rettocolite Ulcerosa da moderata a grave, che hanno mostrato una risposta inadeguata o non sono stati in grado di tollerare terapie convenzionali o biologiche.

Un altro studio pubblicato sempre sul New England of Medicine ha messo per la prima volta a confronto due terapie biologiche comunemente usate in pazienti con colite ulcerosa, mostrando la superiorità del primo dei due farmaci nel raggiungere la remissione clinica e la guarigione della mucosa. Il prof. Silvio Danese, tra gli autori dello studio: “I risultati ci forniscono preziose informazioni per aiutarci prendere decisioni terapeutiche quando si inizia una terapia biologica.  L’obiettivo del trattamento della colite ulcerosa è quello di ottenere la remissione clinica e la guarigione delle mucose, e questi risultati evidenziano i benefici visti con vedolizumab, con i nuovi dati di remissione anche a livello istologico”.

In Italia, delle circa 250mila persone colpite da malattie infiammatorie croniche intestinali, circa 130mila soffrono di colite ulcerosa. Una patologia immunomediata la cui natura è sconosciuta ma che potrebbe essere influenzata da fattori genetici, ambientali e infettivi, per la quale non esiste ancora una cura.

Humanitas ha avuto un ruolo importante nei progressi di questa patologia, dal punto di vista della ricerca sia clinica sia preclinica. I pazienti che soffrono di malattie autoimmuni e infiammatorie spesso non sono affetti da una sola di queste patologie: necessitano dunque di una visione integrata e trasversale della propria condizione di salute, oltre che di diagnosi e cure personalizzate e innovative. Humanitas Immuno Center, è il primo centro italiano per le malattie immuno-infiammatorie, in grado di offrire percorsi di cura integrati e multidisciplinari per pazienti affetti da malattie legate al cattivo funzionamento del sistema immunitario.

In merito allo studio VARSITY, Takeda Pharmaceutical ha sottolineato la dimostrazione della superiorità di vedolizumab, farmaco biologico selettivo dell’intestino, rispetto ad adalimumab, biologico antagonista del fattore di necrosi tumorale, nel raggiungimento dell’endpoint primario di remissione clinica alla 52° settimana in pazienti con colite ulcerosa da moderata a grave.

I tassi di remissione clinica alla 52° settimana erano superiori nel gruppo vedolizumab rispetto al gruppo adalimumab.

Ulteriori risultati esplorativi pubblicati su NEJM hanno mostrato che il trattamento con vedolizumab è stato associato a miglioramenti nella qualità della vita, con il 52,0% dei pazienti trattati con vedolizumab, rispetto al 42,2% dei pazienti con adalimumab, che hanno riportato un miglioramento di ≥16 punti nel questionario sulla malattia infiammatoria intestinale totale dal baseline alla 52° settimana. L’IBDQ esamina l’impatto della malattia infiammatoria intestinale su quattro aspetti della vita dei pazienti: sintomi direttamente correlati al disturbo intestinale primario, sintomi sistemici e funzione emotiva e sociale.