Sempre più numerose evidenze scientifiche sostengono il concetto secndo cui i fattori ambientali possano contribuire alla patogenesi delle malattie autoimmuni, specialmente di quelle reumatologiche. Dimostrare il ruolo dell’inquinamento ambientale nel determinismo di tali patologie, ne amplia lo spettro dei fattori di rischio, ma anche il campo d’intervento e prevenzione.
È in questo contesto che si inserisce la ricerca coordinata da Guido Valesini del Dipartimento di Medicina interna e Specialità mediche in collaborazione con Silvana Fiorito e i ricercatori dell’Istituto di Farmacologia Traslazionale del Consiglio Nazionale delle Ricerche, recentemente pubblicata sulla rivista Cell Death & Disease. Lo studio ha approfondito il ruolo del particolato atmosferico proveniente dai gas di combustione dei motori diesel Euro 4 ed Euro 5 e ne ha valutato gli effetti sulla funzionalità e sulle caratteristiche biologiche delle cellule del tessuto bronchiale.
I risultati degli esperimenti hanno dimostrato come le nanoparticelle carboniose siano in grado di indurre autofagia e morte per apoptosi delle cellule dell’epitelio bronchiale, con concomitante produzione di proteine “citrullinate”.
“È interessante sottolineare – commenta Guido Valesini – come il particolato Euro 5 sia risultato potenzialmente più dannoso rispetto a quello proveniente dai motori diesel Euro 4. Questo fatto dimostra che una riduzione della quantità delle emissioni di particolato non comporta automaticamente una riduzione degli effetti tossici”. La citrullinazione è un processo naturale e fisiologico che rappresenta un modo per regolare la funzione delle proteine. Nei soggetti affetti da artrite reumatoide tuttavia questo processo diventa eccessivo e provoca un accumulo patologico di proteine citrullinate, le quali evocano una risposta immunologica che causa la produzione di anticorpi diretti contro queste stesse proteine, determinando un attacco autoimmune contro i tessuti normali.
L’aumento dei livelli di citrullinazione è già stato dimostrato essere correlato a un aumentato rischio di insorgenza dell’artrite reumatoide, tanto che per diagnosticare questa condizione si ricorre a test che evidenziano gli anticorpi diretti contro le proteine citrullinate. “Sulla base di questa nuova osservazione – spiega Valesini – si può ipotizzare che l’inquinamento atmosferico possa avere un ruolo non secondario, in soggetti predisposti e attraverso meccanismi complessi, nella patogenesi di alcune malattie immuno-mediate, come l’artrite reumatoide”.
Attualmente si ignora la principale causa scatenante della patologia, però sempre più credito viene dato a studi che individuano nei fattori ambientali una possibile concausa. A oggi il principale fattore ambientale noto come capace di indurre l’esposizione cellulare di proteine citrullinate è il fumo di sigaretta. Il team di ricerca è andato “a caccia” di altri fattori scatenanti in grado di evocare la produzione di proteine citrullinate e attivare il sistema immunitario, dimostrando così il ruolo cruciale dello smog.
Il particolato rappresenta uno degli inquinanti a maggiore impatto ambientale nelle aree urbane e si attesta ora come un importante fattore di rischio per patologie infiammatorie croniche. Guardare ai fattori di rischio e, su di essi, sviluppare politiche di sanità pubblica, è importante nella prospettiva di innalzare l’aspettativa di vita delle persone garantendone la qualità.