E’ in arrivo anche nel nostro Paese un nuovo farmaco per il trattamento della schizofrenia. Si tratta di cariprazina un antipsicotico di terza generazione che, grazie alla propria peculiarità farmacologica, può essere considerato unico nel panorama di questa classe terapeutica.
Questa molecola, infatti, non è solo in grado di agire sui sintomi “positivi” della malattia, ma anche sulla componente “negativa”, con l’ulteriore vantaggio di avere effetti collaterali ridotti.
La schizofrenia è una malattia psichiatrica grave e debilitante. “Il numero di persone con prevalenza di disturbo schizofrenico è circa l’0,8 – 1% della popolazione – afferma il Professor Claudio Mencacci, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze e salute mentale ASST Fatebenefratelli – Sacco di Milano – E’ importante sottolineare che nei servizi pubblici la schizofrenia, insieme alla depressione si contendono “la palma” dei disturbi maggiormente prevalenti. Questa patologia assorbe oltre il 37% di tutte le prestazioni erogate dai servizi pubblici e praticamente rappresenta il 43% di tutta l’utenza che fa capo alla semi residenzialità e il 58% dell’utenza dei centri residenziali. Per questo tipo di malattia, l’impegno del SSN è particolarmente significativo”.
“Sul numero calcolato dei soggetti con schizofrenia – continua il Professor Mencacci – la sintomatologia negativa ha un impatto rilevante, anche nell’esordio della patologia, con un inizio subdolo; per cui spesso i pazienti ricevono diagnosi adeguate solo dopo un lungo periodo di malattia. Questi sintomi rimangono spesso misconosciuti, perché fondamentalmente rappresentati dalla cosiddetta “sindrome amotivazionale”. Questo è il cosiddetto “deficit motivazionale” che si trova in un numero importante di soggetti con schizofrenia”.
“Il fatto di avere oggi la possibilità di un trattamento di provata efficacia su tutta la sintomatologia, può produrre esiti migliori nei soggetti affetti da schizofrenia con sintomatologia negativa che conta nel complesso un numero rilevante di pazienti” conclude il Professor Mencacci.
Cariprazina è un antipsicotico di terza generazione che, rispetto ai precedenti, ha il vantaggio di essere efficace sui sintomi della schizofrenia, ma con ridotti effetti collaterali e neurologici e metabolici, oltre ad avere scarso impatto sull’apparato cardiovascolare. La sua efficacia clinica è stata dimostrata attraverso numerosi studi clinici che hanno coinvolto più di 2.000 pazienti.
“Dal punto di vista farmacologico, questo nuovo antipsicotico è considerato un agonista dopaminergico parziale – dichiara il Professor Edoardo Spina, Docente di Farmacologia all’Università di Messina – che, oltre ad avere una maggior tollerabilità dei farmaci di 1^ e 2^ generazione, sembra essere particolarmente attivo ed efficace sui sintomi negativi, per una propria peculiarità farmacologica, che è quella di agire da agonista parziale sui recettori dopaminergici di tipo D3 (a differenza di tutte le altre molecole che agiscono solo sui recettori D2). Infatti – continua il Professor Spina – i farmaci che agiscono sui recettori D3 possono avere un’azione favorevole sui sintomi negativi e cognitivi della schizofrenia”.
“I vantaggi dell’utilizzo di cariprazina – aggiunge il Professor Andrea Fagiolini, Professore Ordinario di Psichiatria all’Università di Siena-  includono il fatto che gli effetti collaterali, rispetto ai farmaci precedenti sono ridotti: da quelli anti-colinergici, agli anti-adrenergici, agli anti-istaminergici e metabolici. Così come sono ridotti i rischi di aritmia”. Il profilo di tollerabilità distintivo di cariprazina favorisce l’aderenza e la continuità terapeutica, ad oggi una delle principali criticità nel trattamento farmacologico.
“Altri benefici – sottolinea il Professor Fagiolini – includono la monosomministrazione orale giornaliera e una lunga emivita. Ma il principale vantaggio è rappresentato dall’alto potenziale per il trattamento dei sintomi negativi e cognitivi della schizofrenia, per questo cariprazina rappresenta un importante passo avanti per le cure dei nostri pazienti.”
“L’introduzione di una nuova opzione terapeutica – continua il Professor Mencacci – aumenta gli esiti e la possibilità di aprire la strada a percorsi di riabilitazione psicosociale, fino ad entrare nel circuito che porta ad una maggiore “autonomizzazione” del soggetto, quindi anche benefici nei confronti del caregiver, e soprattutto pensare a quelle possibilità che si aprono come reinserimenti lavorativi mirati, appartamenti protetti, vita a domicilio con maggiori opportunità di funzionamento sociale, relazionale e lavorativo.
La dimensione negativa – conclude il Professor Mencacci – di questa patologia, finora, è stata oggetto di scarsa attenzione, e le possibilità di trattamento contenute, perché tutte le opzioni terapeutiche sono sempre state orientate verso la sintomatologia positiva. In questo caso abbiamo un farmaco che si indirizza anche verso la dimensione negativa, che è consistente ed è la causa del ritiro sociale, della scarsa motivazione, della perdita di interesse e di piacere”.
“Cariprazina nasce in uno scenario ben preciso – afferma il Professor Stefano Pallanti, Professore di Psichiatria e Scienze del Comportamento presso lo Stanford University Medical Center – dove esiste ormai la consapevolezza che la schizofrenia sia una patologia con diverse dimensioni. Questo ha portato, come conseguenza, lo sviluppo di un farmaco con un meccanismo d’azione studiato per intervenire in modo mirato su tutte le dimensioni del disturbo e, specificatamente, su quelle negative, apparentemente più subdole, ma che sono sempre state le più difficili da trattare”.
“E questo segna un cambio di passo – continua il Professor Pallanti – Ancora oggi nella mente delle persone i farmaci per la schizofrenia, sono rimedi per ‘controllare’, in realtà, da recenti evidenze cliniche possiamo affermare che si tratta di farmaci per ‘curare’. Esistono, infatti, recenti dati dell’NIMH, Ente Federale Americano per la Salute Mentale, che dimostrano come diversi pazienti, se presi in carico tempestivamente e curati bene, guariscono. Finora la schizofrenia era considerata una malattia cronica progressiva, oggi possiamo dire che è , in una percentuale non trascurabile, una malattia episodica recidivante”.
“Dobbiamo, quindi, promuovere questo tipo di cultura – aggiunge il Professor Pallanti – che porta ad interventi più precisi e più precoci, per aumentare la percentuale di soggetti che non avranno più una prognosi negativa. Prognosi che, in una percentuale significativa, seppur ancora minoritaria, può essere curata fino alla guarigione. E cariprazina diventa uno dei farmaci che ci aiuterà in questo compito, perché nasce con una funzione ben precisa: non bloccare la salienza (significato della percezione del mondo), essere ben tollerato ed efficace, non per la gestione cronica del paziente, ma per una riabilitazione che ci porta verso la recovery”.
“Come sono indispensabili programmi di recovery e riabilitazione a fianco delle comunità territoriali come quelli di Progetto Itaca – dichiara Edilio Rusconi, Responsabile sviluppo attività istituzionali e relazioni esterne di Progetto Itaca – allo stesso modo è fondamentale che la medicina e il progresso scientifico possano aiutare i malati ad alleviare le sofferenze e le difficoltà dei vari percorsi di cura”.