Questa volta la ricerca non ha affrontato una specifica malattia, ma ci si è concentrata sul meccanismo per la maturazione dei neuroni. Su come la maturazione è avviata e incrementata. Anche perché questo può essere centrale per una serie di patologie del motoneurone, di cui le più diffuse e importanti sono la sclerosi laterale amiotrofica e l’atrofia muscolare spinale, malattie che colpiscono i nervi responsabili del controllo dei muscoli, provocando una paralisi progressiva.
Nel tentare un approccio originale al problema, i ricercatori del Laboratory of Translational Genomics del CIBIO – Centro di Biologia integrata, diretto da Alessandro Quattrone, hanno appunto invertito la prospettiva più classica. Invece di partire dalle cause della degenerazione dei motoneuroni, hanno puntato sui fattori della maturazione. «L’idea è che stimolare la maturazione in neuroni già maturi potrebbe contrastare la degenerazione, a prescindere dalle specifiche lesioni che la provocano, e realizzare il processo che i neurologi vorrebbero per i loro pazienti da decenni: la rigenerazione neuronale» chiarisce il professore.
Lo studio, frutto di una collaborazione internazionale, è durato cinque anni e ha portato a risultati inattesi. Raccontano: «Ci siamo concentrati su un fattore, chiamato HuD, già noto per la sua capacità di indurre lo sviluppo dei nervi. L’analisi di tutti i geni controllati da questo fattore ha dimostrato che esso agisce sul gruppo di quelli che inducono la crescita delle cellule tramite la stimolazione del macchinario di sintesi delle proteine. La cosa più interessante è stata vedere che il fattore agisce in modo indipendente dai processi che già conosciamo indurre questo fondamentale fenomeno. È una sorta di “overdrive”, che fa raggiungere al macchinario prestazioni molto superiori al motore di base. Ma la vera grande novità è arrivata dopo, quando abbiamo osservato che il fattore di overdrive è, nei motoneuroni, “incatenato”, soppresso da un’altra molecola chiamata Y3. La stretta associazione fra HuD e Y3 impedisce a HuD di funzionare ad alti livelli nei motoneuroni».
Quattrone sottolinea: «Abbiamo scoperto, in altre parole, che una proteina molto potente nel produrre l’innervazione durante le prime fasi dello sviluppo è poi repressa nel neurone maturo, “incollata” a un’altra molecola che la inibisce. Quando proviamo a staccarla da quest’ultima il suo potere si manifesta con una forza e una precisione che ci hanno colpiti. Per capire meglio, possiamo tornare alla famosa scoperta di Rita Levi Montalcini, quella dell’NGF, il primo fattore trovato capace di indurre, dall’esterno, la maturazione dei neuroni. Purtroppo, per vari problemi, in quasi mezzo secolo non siamo riusciti a farlo diventare un farmaco. Adesso troviamo quest’altra proteina, che sta direttamente dentro i neuroni, è addormentata, e il suo risveglio ha un effetto comparabile a quello dell’NGF. Bisogna quindi trovare un modo per toglierle l’inibizione nei pazienti affetti da malattie del motoneurone perché ci aspettiamo che stimoli la rigenerazione. E il suo campo di applicazione potrebbe non limitarsi all’area neurodegenerativa, visto che i tumori del sistema nervoso sono da un certo punto di vista blocchi della maturazione cellulare».
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista americana “Molecular Cell”. Sono il prodotto di un lavoro coordinato con altri tre laboratori del CIBIO, con l’Istituto di Biofisica del CNR di Trento, con lo Institute for Molecular Medicine della Martin Luther University di Halle, con il Wellcome Centre for Cell Biology e School for Informatics dell’Università di Edimburgo. È stato reso possibile dal Grande Progetto AxonomiX della Provincia autonoma di Trento e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto e ha ben quattro autori principali: Daniele Peroni, Paola Zuccotti, Toma Tebaldi, tutti al CIBIO negli anni del progetto, e Marcel Kohn.
Tebaldi, che adesso lavora come ricercatore al Cancer Center della Scuola di Medicina di Yale, aggiunge: «La molecola che blocca il fattore di maturazione neuronale, Y3, appartiene a una classe di molecole molto diffusa nel genoma, ma di cui nessuno conosceva la funzione e che veniva considerata alla stregua di spazzatura. Invece questi si stanno rivelando fattori fondamentali per capire la grande complessità della vita. È affascinante pensare che Y3 sia un esempio paradigmatico del potenziale nascosto nella materia oscura della cellula».
Il team conclude: «L’overdrive soppresso nei motoneuroni apre una strada nuova nella lotta a malattie terribili e purtroppo ancora senza cura. Questa scoperta, frutto della ricerca di base, genera infatti la possibilità di nuove applicazioni terapeutiche, per arrivare alle quali però occorre trovare il modo di staccare i due fattori e liberare il potenziale di quello inibito. Un altro argomento di interesse è capire se l’inibizione è assente, come ci aspetteremmo, in organismi, come i pesci e alcuni anfibi, noti per essere in grado di rigenerare i nervi in modo molto efficace, cosa che purtroppo nella nostra specie non avviene».