Onde d’urto per demolire le placche coronariche e rimettere il cuore in salute. Si chiama “Shockwave”, letteralmente sistema ad onde d’urto, la tecnica innovativa utilizzata per la prima volta nell’Unità operativa di Cardiologia Interventistica dell’Ospedale “Vito Fazzi” di Lecce.
La metodica è stata impiegata nei giorni scorsi su una paziente di 78 anni con molteplici fattori di rischio cardiovascolare e con una storia recente di angina da sforzo. L’esame coronarografico aveva messo in evidenza una stenosi critica, ossia il restringimento dell’arteria coronaria, con evidenti calcificazioni sul tratto prossimale. L’équipe di Cardiologia Interventistica, guidata dal dr. Giuseppe Colonna, ha quindi deciso di applicare la tecnica “Shockwave” tagliando un importante traguardo: è, infatti, il primo caso del genere eseguito in tutto il Sud Italia, da quando la tecnica è stata presentata per la prima volta a Parigi, durante il recentissimo congresso PCR.
La paziente è stata quindi sottoposta a trattamento percutaneo, una procedura mini-invasiva che evita l’intervento chirurgico, con l’esecuzione della tecnica “Shockwave” seguita da un’angioplastica tradizionale con l’impianto di stent multipli, particolari tubicini usati per riparare le arterie ostruite o indebolite. Il pretrattamento con shockwave ha permesso di rimodellare la lesione calcifica e di trattarla agevolmente con l’angioplastica di routine con un ottimo risultato finale.
«La tecnica – spiega il dr. Colonna – sfrutta il principio della litotrissia, già ampiamente utilizzato in urologia per il trattamento della calcolosi renale, e permette di trattare con semplicità e sicurezza le lesioni coronariche maggiormente calcifiche. Si tratta di placche molto dure, difficilmente dilatabili con i comuni palloni di angioplastica e con gli stents; tali placche richiedono, per un trattamento ottimale, metodiche particolarmente cruente ed aggressive come il Rotablator, una fresa che polverizza la placca calcifica, aumentando il rischio procedurale». La nuova metodica, di fatto, promette di rivoluzionare il trattamento delle lesioni coronariche calcifiche grazie al sistema per litotrissia intravascolare coronarica. Si tratta di un catetere a palloncino, dotato di emettitori per litotrissia posizionati sulla lunghezza utile del palloncino, e di un generatore che viene utilizzato per attivare, tramite un pulsante, i cicli di litotrissia e quindi l’emissione delle onde d’urto che, in pratica, triturano le placche che ostruiscono l’arteria.
«Con questa recente metodica la Cardiologia Interventistica del “Fazzi” – conferma il dr. Colonna – si appropria di un’ulteriore innovazione tecnologica incrementando le potenzialità di trattamento interventistico sulle lesioni più complesse e ponendosi all’avanguardia alla pari di centri italiani di eccellenza. Tali trattamenti sono peraltro possibili grazie all’utilizzo del nuovo angiografo di ultima generazione ormai a pieno regime da circa tre mesi».
Nella nuova sala angiografica si effettuano procedure sempre più complesse, impensabili fino a qualche anno fa, grazie alla perizia dell’équipe e dell’Heart Team, ma soprattutto sfruttando le potenzialità tecnologiche di cui oggi dispone l’Unità operativa di Emodinamica e la possibilità, fornita dal secondo angiografo, di garantire una maggiore sicurezza per il paziente acuto in caso di avaria.
L’incremento quantitativo e qualitativo delle prestazioni si è registrato non solo per l’ambito coronarico ma anche per quello della patologia strutturale, come la valvulopatia aortica. In questo specifico campo d’intervento, quest’anno sono stati eseguiti un numero doppio di procedure di TAVI rispetto allo stesso periodo del 2017.