L’Italia del Biotech in numeri
A fine 2017 sono oltre 570 le imprese biotech attive in Italia. Un comparto fortemente innovativo, molto focalizzato sulla ricerca e in fase di consolidamento attorno alle sue realtà più solide e competitive, potenzialmente pronto ad accogliere le sfide e le opportunità che il settore offre a livello internazionale. E’ questa, in estrema sintesi la fotografia scattata nel Rapporto 2018 “Le imprese di biotecnologie in Italia – Facts&Figures” che Assobiotec, Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie che fa parte di Federchimica, ha realizzato in collaborazione con ENEA e che è stato presentato oggi a Roma in occasione dell’Assemblea Nazionale 2018 dell’associazione industriale.
La grande maggioranza delle imprese biotech italiane (76%) è costituita da aziende di dimensione micro o piccola. Il comparto della salute genera quasi tre quarti del fatturato biotech totale, che supera gli 11,5 miliardi di euro con un incremento del 12% tra il 2014 e il 2016. Il 68% di questo fatturato è generato dalle imprese a capitale estero, che rappresentano solo il 13% delle imprese censite.
Il numero degli addetti sfiora le 13.000 unità registrando un + 17% nelle imprese dedicate alla R&S biotech a capitale italiano; gli investimenti in R&S biotech superano i 760 milioni, con una crescita del 22% tra il 2014 e il 2016.
Nel corso del 2016, il 72% delle imprese si è autofinanziata, oltre il 40% ha avuto accesso a grants, il 22% ha fatto ricorso al capitale di debito, mentre soltanto il 6% ha potuto accedere a finanziamenti di Venture Capital.
Il Rapporto evidenzia inoltre che il biotech nazionale è un settore con un’elevata proiezione sui mercati esteri. La quota di imprese esportatrici risulta in tendenziale aumento negli ultimi anni rilevati ed è pari mediamente a più di una volta e mezza quella del comparto manifatturiero e sette volte quella relativa all’industria italiana nel suo complesso, sostanzialmente ferma a poco meno del 5%.
La Lombardia si conferma la prima regione in Italia per numero di imprese, investimenti in R&S e fatturato biotech. Seguono Lazio ed Emilia Romagna per numero di imprese. Guardando invece agli investimenti in R&S, dopo la Lombardia è la Toscana la regione che più investe nel biotech, seguita dal Lazio, delineando in questo modo una mappatura chiara delle aree trainanti del biotech in Italia.
La fotografia delle imprese di biotecnologie in Italia conferma il primato, già riscontrato nelle precedenti rilevazioni, delle imprese che operano nel settore delle biotecnologie applicate alla salute dell’uomo, che sono 295, rappresentando oltre la metà delle imprese biotech italiane.
Le imprese dedicate alla R&S biotech, che impegnano il 75% o più dei propri costi totali di ricerca in attività biotech, sono 183, di cui 161 a capitale italiano. Il comparto salute genera una quota preponderante del fatturato, corrispondente a oltre 8 miliardi e mezzo a fronte di più alti investimenti e di una maggiore quota di addetti impiegati in R&S biotech.
Sono 314 i progetti presenti nella pipeline italiana, di cui 80 circa in fase di discovery, 145 in fase di sviluppo preclinico e 90 in sviluppo clinico.
Il biotech italiano investe fortemente su quelle patologie che non trovano ancora risposte terapeutiche adeguate, come quelle in ambito oncologico, o di crescente rilievo clinico ed epidemiologico, anche in relazione al generale invecchiamento della popolazione, come le malattie neurologiche e degenerative. Grandi investimenti sono indirizzati anche verso le malattie infettive e lo sviluppo di vaccini.
Quelli delle malattie rare e delle terapie avanzate sono tra i settori di eccellenza del biotech italiano: da un lato, infatti, la nostra ricerca accademica vanta il maggior numero di pubblicazioni scientifiche in materia di malattie rare; dall’altro dei 6 prodotti di terapia avanzata attualmente autorizzati al commercio in EU, ben 3 sono frutto della R&S italiana.
Operano nel settore industria e ambiente 162 imprese biotecnologiche, corrispondenti al 28% del totale delle imprese. Il fatturato del settore sfiora i 2 miliardi di euro, registrando una crescita del 16% per le imprese dedicate alla R&S biotech a capitale italiano rispetto a quanto rilevato per il 2017.
L’applicazione di queste tecniche può permettere di innovare settori maturi come quelli delle materie prime, della produzione di energia e intermedi, aderendo ai principi di sostenibilità ambientale, economica e sociale che sono propri della bioeconomia, un concetto articolato che include una molteplicità di settori, che hanno come base comune quella di avere un’origine rinnovabile e biologica degli input, ma che possono seguire dinamiche di sviluppo sottostanti differenti, condizionate dalle peculiarità di ciascuna specializzazione.
Da stime Intesa Sanpaolo-Assobiotec la bioeconomia in Italia nel 2016 ha prodotto un valore pari a 260 miliardi di euro di produzione, corrispondenti all’8,3% sul totale dell’economia nazionale, in moderata crescita rispetto al 2015.
Il panorama delle imprese che operano nell’area agricoltura e zootecnia in Italia si presenta assai diversificato, sono 50 le imprese censite, tutte caratterizzate da notevole attività di R&S. L’80% delle imprese totali sono classificabili come piccole o micro imprese. Il fatturato del settore sfiora i 900 milioni di euro.
Il 2017 ha visto una significativa apertura della ricerca pubblica italiana, che si sta impegnando in un vasto e ben focalizzato piano di ricerca e sviluppo basato sulle più avanzate biotecnologie applicate al miglioramento genetico vegetale. Questo piano rappresenta un punto di svolta da cui far ripartire l’intera ricerca, soprattutto nella genetica agraria e nel miglioramento varietale, nel contesto di una logica di innovazione che comprende l’integrazione delle scienze della vita con quanto può offrire la prospettiva parallela dell’agricoltura di precisione. Nelle imprese dedicate alla R&S biotech, tutte a capitale italiano, si registra un aumento di più del 50% degli investimenti in R&S biotech rispetto ai due anni precedenti
Un settore emergente e che lavora spesso in stretta sinergia con le biotecnologie per la salute è quello legato alla Genomica, Proteomica e Tecnologie Abilitanti – GPTA. Sono 65 le imprese che lavorano in questo ambito, corrispondenti all’11% del totale delle imprese biotecnologiche in Italia. Sono realtà che svolgono attività di ricerca di base, con particolare prevalenza nell’utilizzo delle tecnologie «omiche» e nell’analisi dei Big Data mediante approcci bioinformatici.