Nell’anno in corso, 463.176 persone si sono trovate in condizioni di povertà sanitaria. Significa che hanno dovuto chiedere aiuto a una delle 2.011 realtà assistenziali convenzionate con Banco Farmaceutico per ricevere gratuitamente farmaci e cure che, altrimenti, non avrebbero potuto permettersi. Rispetto alle 427.177 del 2023, c’è stato un aumento dell’8,43%.
Nel frattempo, per il settimo anno consecutivo, la spesa farmaceutica sostenuta dalle famiglie aumenta, ma la quota a carico del Servizio Sanitario Nazionale diminuisce. Nel 2023 la spesa complessiva delle famiglie è pari a 23,64 miliardi di euro, 1,11 miliardi in più rispetto al 2022. Tuttavia, solo 12,99 miliardi di euro sono a carico del SSN. Restano 10,650 miliardi pagati interamente dalle famiglie.
Vuol dire che, rispetto all’anno precedente, le famiglie hanno pagato di tasca propria 731 milioni di euro in più. In 7 anni, la spesa farmaceutica a carico delle famiglie è cresciuta di 2,576 miliardi di euro. La quota a proprio carico riguarda tutte le famiglie, anche quelle povere, che devono pagare interamente il costo dei farmaci da banco a cui si aggiunge il costo dei ticket.
È quanto emerge dai nuovi dati sulla povertà sanitaria diffusi mercoledì 27 novembre da Banco Farmaceutico in occasione della presentazione, alla Camera dei Deputati, del libro Tra le crepe dell’universalismo – Disuguaglianze di salute, povertà sanitaria e Terzo settore in Italia. Il volume, curato dall’Osservatorio sulla Povertà Sanitaria è stato realizzato grazie al contributo incondizionato di ABOCA, IBSA Italy e DOC Generici.
Le persone in condizioni di povertà sanitaria sono prevalentemente uomini e persone in età adulta. Resta significativa la quota di minori, che sono 102.000, più degli anziani che corrispondono al 19%. Sostanzialmente identica è la quota dei cittadini italiani e di quelli stranieri. Considerando le condizioni di salute, i malati acuti superano in misura consistente i malati cronici.
Le difficoltà riguardano anche le famiglie non povere. I dati più recenti di Istat rilevano che, complessivamente, 4 milioni 422mila famiglie hanno cercato di limitare la spesa per visite mediche e accertamenti periodici di carattere preventivo. Tra queste, 678mila famiglie sono in condizioni di povertà assoluta, mentre 3 milioni 744mila sono famiglie non povere.
Il contenimento della spesa sanitaria si persegue limitando il numero di visite e accertamenti, oppure rinviando e rinunciando a una parte delle cure necessarie. La strada della rinuncia è seguita, complessivamente, da ben 3 milioni 369mila famiglie. Ha rinunciato almeno una volta il 24,5% delle famiglie povere, contro il 12,8% di quelle non povere. Significa che 536mila famiglie indigenti sono particolarmente esposte al rischio di compromettere o peggiorare la propria salute.
«Contrastare la povertà sanitaria significa praticare gesti di gratuità in grado di aiutare, concretamente, le persone che hanno bisogno; ma anche approfondire il fenomeno attraverso un lavoro culturale che contribuisca a far prendere sempre più coscienza dell’entità del fenomeno, e dell’importanza di quel sistema di realtà del Terzo settore che, insieme alla sanità pubblica e privata, sta garantendo la sostenibilità di un Servizio Sanitario Nazionale il cui universalismo è sempre più a rischio. I dati e le analisi del nostro Osservatorio sulla Povertà Sanitaria raccontano di un Paese in cui le persone fragili faticano a prendersi cura della propria salute, ma indicano anche nella collaborazione ampia e consapevole tra tanti soggetti il metodo per rispondere alla loro esigenza di benessere integrale, fatto di esigenze fisiche, ma anche spirituali, di cure mediche e farmacologiche, ma anche di accoglienza e comprensione», ha dichiarato Sergio Daniotti, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico Ets.