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1 paziente su 5 con malattia renale cronica può sviluppare anemia

I pazienti con insufficienza renale cronica, soprattutto agli stadi più avanzati, possono incorrere nel rischio di sviluppare uno stato anemico che può avere un impatto importante sulle condizioni cliniche dei pazienti e sulla loro qualità di vita. L’anemia da malattia renale cronica è spesso sotto-diagnosticata e sottovalutata, ma si tratta invece di una condizione su cui è importante intervenire tempestivamente per prevenire che si verifichino serie complicazioni. Nell’ambito delle celebrazioni per la giornata mondiale del rene, la Web Conference organizzata da MAPCOM Consulting, grazie al contributo non condizionato di Astellas, ha fatto il punto sullo stato dell’arte della presa in carico dei pazienti con anemia da malattia renale cronica e ha ribadito l’importanza e l’urgenza dell’implementazione di percorsi gestionali integrati basati sulla multidisciplinarità affinché si verifichi un reale cambio di passo nella gestione di questi pazienti.
“Le patologie croniche, come la malattia renale cronica, sono paradigmatiche rispetto agli obiettivi che ci siamo posti relativamente alle criticità del sistema sanitario. – ha dichiarato l’On. Fabiola Bologna, XXII Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati – La pandemia ha messo in luce le difficoltà che il sistema sanitario ha nella gestione del paziente cronico e la sfida quindi oggi, anche grazie al Recovery Fund, è quella di intervenire su queste carenze. Siamo stati chiamati a dare degli input rispetto all’utilizzo del Recovery Fund e tra i primi punti abbiamo focalizzato l’attenzione sul concetto di presa in carico multidisciplinare che possa garantire una gestione clinica e anche sociale del paziente; si tratta, in sostanza, di un modello di presa in carico globale che si occupi dell’assistenza del paziente per le sue necessità che possono modificarsi nel lungo periodo e per garantire la migliore qualità di vita.”
“Il tema delle malattie renali croniche riguarda uno dei capitoli più importanti della sanità – ha ricordato l’On. Vito De Filippo, XXII Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati – che è quello della prevenzione e del territorio. Il territorio, in particolare, in questo periodo di pandemia ha assunto una rilevanza significativa e ritengo debba essere un grande tema del futuro. Oggi come non mai abbiamo, grazie al Recovery Fund, ingenti risorse finanziare a disposizione e mi auguro che possano essere investite per rafforzare alcune reti e il rapporto tra medici di medicina generale, territorio, specializzazioni e strutture ospedaliere. Questo permetterà la realizzazione di percorsi diagnostico-terapeutici più robusti ed efficienti per la presa in carico di pazienti particolarmente fragili come quelli affetti da anemia da insufficienza renale cronica.”
In Italia sono oltre 2 milioni i pazienti affetti da malattia renale cronica e di questi 1 su 5 rischia di sviluppare anemia; se per gli stadi iniziali di anemia il paziente può anche essere completamente asintomatico, negli stadi più avanzati si possono verificare diversi disturbi come tachicardia, affaticamento, difficoltà di concentrazione, depressione e irritabilità, che condizionano in maniera preponderante la qualità di vita. Per questa ragione è importante intervenire in maniera tempestiva e gestire questa condizione nella maniera più adeguata e in modo tale che siano coinvolte diverse figure specializzate nella presa in carico del paziente.

“L’anemia da malattia renale cronica è una complicanza frequente, che inizia ad osservarsi anche nello stadio moderato della patologia. – ha affermato Marcora Mandreoli, Direttore Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi, Ospedale S. Maria della Scaletta Azienda USL, Imola; Consiglio Direttivo Società Italiana di Nefrologia SIN – Solitamente agli stadi più avanzati di insufficienza renale cronica si associa un grado di anemia più severo; in alcune condizioni, quando ad esempio la malattia renale coesiste con il Diabete Mellito o con l’insufficienza cardiaca, una anemia sintomatica può comparire più precocemente. La presenza di anemia determina una compromissione dello stato di salute generale del paziente e richiede una presa in carico adeguata. In particolare, è necessario che la presa in carico sia caratterizzata dall’interazione multidisciplinare tra specialisti quali il nefrologo, il cardiologo, il diabetologo e l’internista. Una gestione integrata di questo tipo, infatti, può garantire la definizione di una strategia gestionale, terapeutica e preventiva che possa risultare efficace per il singolo paziente.”
Non solo presa in carico integrata e multidisciplinarietà, ma anche migliore comunicazione tra pazienti e specialisti. Questo è un punto su cui le Associazioni pazienti e le Società Scientifiche, a confronto nella tavola rotonda conclusiva della Web Conference, hanno insistito particolarmente. Associazione Nazionale Emodializzati Dialisi e Trapianto ANED ONLUS, Associazione Malati di Reni ONLUS e Fondazione Italiana per il Rene FIR hanno tutte sostenuto, infatti, che molto spesso il paziente non è adeguatamente informato sulla sua condizione di salute e sui potenziali rischi derivanti da una progressione della malattia. A questo proposito hanno invece ricordato quanto sia fondamentale migliorare il dialogo tra clinico e paziente per l’individuazione dei bisogni insoddisfatti e per una partecipazione attiva del paziente nel proprio percorso di cura. L’auspicio è pertanto quello di poter lavorare su questo aspetto migliorando la consapevolezza di clinici e pazienti e di conseguenza l’offerta assistenziale e la qualità di vita dei pazienti.
“La grande aspettativa della Comunità Scientifica e dei pazienti in quest’area è quella di una maggiore consapevolezza accanto ad una migliore gestione dell’anemia da malattia renale cronica. – ha concluso Giuseppe Maduri, Amministratore Delegato di Astellas Pharma – Nell’incontro di oggi è emerso con forza che l’auspicio è quello di poter mettere operatori sanitari e pazienti nella condizione di poter usufruire di percorsi gestionali integrati e multidisciplinari che migliorino non solo la relazione medico-paziente, ma anche la qualità di vita dei pazienti e di chi sta loro accanto. A tal proposito, ritengo che possa essere di grande valore la partnership pubblico-privato che rappresenta uno strumento concreto per migliorare la presa in carico del paziente, per standardizzare le procedure e ottimizzare le risorse disponibili.”

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